Chi è la donna vittima di violenza psicologica

vittima di violenza

Alcuni anni fa ho avuto modo di lavorare (attraverso le Costellazioni Familiari)[1] con alcune donne vittime di violenza, principalmente di violenza psicologica. Queste donne, mi hanno dato la spinta di approfondire ulteriormente questo argomento, ma soprattutto di conoscere in senso ravvicinato chi sono le donne che accettano di subire violenza fisica, psichica, emotiva, economica e via dicendo e soprattutto: perché?

Attraverso analisi statistiche, è emerso che la violenza è la prima causa di morte e di invalidità, più del cancro, degli incidenti stradali e della guerra; una realtà che non risparmia nessuna nazione, né classe sociale. Una realtà di drammi che il più delle volte si consumano tra le pareti di casa e tutte le donne possono esserne vittime senza limiti di età.

Molte volte ci troviamo a sentire storie di vita “normale”, di persone in coppia da molti anni. Una coppia, che qualche volta litiga, ma niente di più. Ma anche le brutte storie hanno un principio, e quindi una donna che potremmo chiamare “Gabriella, Marina, Rosalba” che prende di corsa i figli, afferra le poche cose a portata di mano e scappa da casa portando con se solo un bagaglio di dolore. Ma cosa spinge a far fuggire una donna così in fretta, da farla uscire di casa così come si trova e a volte anche in pantofole? E’ la paura.

La paura più insensata e angosciante per l’uomo che le vive accanto e dice di amarla perdutamente. Un solo sguardo può fare “paura”, confondere e può togliere ogni sicurezza rispetto al proprio modo di essere. Come è possibile che proprio quello sguardo della persona amata come un fidanzato, un marito, un padre o un familiare o la semplice presenza di “questa” persona fa sentire inadeguata ad ogni contesto, incapace di affrontare e risolvere qualsiasi problema una donna? Basta uno sguardo che accompagna e giudica in ogni minimo gesto quotidiano a far sentire di non essere mai come si dovrebbe essere. Addirittura, uno sguardo, “quello sguardo”, può essere su di noi, anche se “lui” non è con noi in quel momento. Quello sguardo che diventa una gabbia anche quando non esistono sbarre che possono limitare la propria libertà

Spesso, dentro la sensazione di essere inadeguate, sbagliate, inopportune e incapaci, dietro agli sguardi sfuggenti o al contrario sfidanti e disperatamente provocatori di molte donne, si possano celare situazioni di violenza psicologica, esercitata all’interno della sfera privata.

Le donne che subiscono violenza psicologica, non sono quelle donne che mostrano lividi o segni, perché questi “non si vedono”. I maltrattamenti psicologici non lasciano tumefazioni ed escoriazioni visibili nel corpo tuttavia, la violenza psicologica produce ferite in luoghi più profondi segnando la vita di chi ne è vittima. Ci sono parole che possono ferire profondamente più dei pugnali, possono essere usate per umiliare e giorno dopo giorno distruggere una persona, togliere ogni sicurezza e gioia di vivere.

Questo tipo di aggressioni attuano un processo di mortificazione psicologica attraverso parole denigratorie continue: “non sai fare nulla”, “sei proprio una persona inutile”, “che cosa vuoi parlare tu che non sei nessuno”, “solo una povera idiota potrebbe fare quello che fai tu”, “è meglio che ti togli dai piedi”, “non sei capace di fare nulla né la moglie né la madre”, ecc. Silenzi accusatori, gesti, sguardi e toni di voce di continua disapprovazione che ridicolizzano ogni cosa detta o fatta, sviluppano un lento e sottile smantellamento della propria autostima. Il clima che si viene a creare è di disapprovazione continua dove qualsiasi atteggiamento o comportamento viene ritenuto sbagliato o inadatto. E questo non tanto perché il comportamento viene preso di mira, quanto perché è presa di mira la persona in quanto tale, in ogni cosa che fa e manifesta la propria individualità. La donna che ne è vittima comincia a vivere in un continuo stato di tensione e di colpa. Le attività più elementari si trasformano in attività che inevitabilmente la mettono alla prova e la vedono sotto esame. Ogni azione necessita dell’approvazione dell’uomo/carnefice che però in realtà viene vissuto come l’unico possessore della verità, l’unico ad essere capace di poter esprimere il “giusto” giudizio sull’operato che essa mette in atto. Non è un caso che molte donne, che riescono dopo tanto tempo a condividere con qualcuno la propria realtà, non solo si vergognano e si scusano, ma sostengono di “essersela cercata” e – come intrappolate nel proprio dolore – finiscono per ritrattare, negare o non denunciare non solo per paura, ma perché “non si denuncia chi si ha amato”, “non si denuncia il padre dei nostri figli”.

La violenza che non sporca le mani perché è fatta di parole, gesti, sguardi, allusioni, offese velate o esplicite che umiliano e mortificano fino a far sentire la persona disperata e sola. Ma ciò che è ancor più devastante è vedere attuare questo atteggiamento da una persona cara, che si ama e dalla quale ci si aspetta ben altro. Esistono situazioni in cui si impedisce alla donna di uscire da sola magari adducendo motivi circa la pericolosità dei luoghi, degli orari, o trasformando la rinuncia come prova d’amore o di fedeltà. Peggio ancora è la limitazione della libertà economica, che mette la persona in condizione di dover “chiedere”, per far fronte ad ogni esigenza personale e/o familiare, questo è un ulteriore elemento che frustra la donna nella sulla libertà e nella sua dignità. Come appare in questo caso una donna? Confusa, strana, paranoica, con manie di persecuzione, esagerata, indecisa, insicura, diffidente, spaventata.

Molte donne non si rendono conto che vengono quotidianamente e continuamente manipolate dalla persona cara che hanno accanto. Credono di “conoscere” l’uomo che hanno sposato o scelto come compagno, ma in realtà, non conoscono i processi e le reazioni che vengono generati da tali violenze silenziose. Questa tipologia di uomini crea un circolo vizioso basato sulle menzogne, sui sensi di colpa e sulle paure da inculcare nell’altra: il sarcasmo, la derisione continua, il disprezzo, espresso anche in pubblico con nomignoli o appellativi offensivi, il mettere costantemente in dubbio la capacità di giudizio o di decisione, servono a destabilizzare emotivamente, senza che chi sta intorno alla donna se ne accorga, come i figli per esempio. Le donne sottoposte costantemente a questo clima iniziano a dubitare di se stesse, cominciano a dubitare dei propri pensieri, dei propri sentimenti, si sentono sempre in colpa, inadeguate e spesso si isolano o vengono isolate perché assumono comportamenti non spontanei, scontrosi, lamentosi o ossessivi con le persone che intorno non comprendono e giudicano negativamente. Così la donna resta isolata, senza appoggio.

Il confine tra una frase aggressiva dettata da semplice rabbia e una pressione psicologica vera e propria poiché le violenze invisibili procedono per gradi. In primis vi è:

Il Controllo: a poco a poco, l’amato carnefice prende il sopravvento ed è il trionfo della possessività, della volontà di dominare e comandare. Da solo stabilisce a che ora e cosa si deve mangiare, impedisce alla “sua donna” di intraprendere un lavoro o coltivare una passione, decide in maniera totalmente autonoma dove andare in vacanza o le amicizie da frequentare, come educare i figli o cosa fargli fare, dove mandarli a scuola e se frequentare parenti, nonni e amici.

L’isolamento: l’uomo crea distanza dalla famiglia di origine di lei mettendola addirittura contro il suoi stessi familiari, dai suoi amici, ottenendo così che la donna si occupi solo di lui. Con il verificarsi di un completo divario dalla vita sociale, limita tutte le possibilità materiali per comunicare con l’esterno e controlla l’utilizzo di soldi, automobile, telefono. La donna da parte sua confonde questi comportamenti come una prova d’amore e di attaccamento estremo che l’uomo prova nei suoi confronti, solo quando si sentirà in trappola comprenderà che si tratta di atteggiamenti patologici dai quali doversi difendere.

L’indifferenza: l’uomo ignora i bisogni e i desideri della donna e alimenta la frustrazione per tenerla in uno stato di insicurezza, evitando di parlarle, di ascoltarla, di uscire insieme, di accompagnarla dai suoi parenti, tenendole magari il broncio senza mai dare una motivazione.

La gelosia patologica: chi è geloso vuole possedere la propria partner totalmente, e non sopporta che la donna sia “altro” da lui. Minacce, interrogatori interminabili, ricerche di prove, estorsione di confessioni, controllo su telefonino ed email, niente deve sfuggire al suo controllo. Non c’è spiegazione ragionevole che possa placare l’ansia del geloso patologico per via della sua incapacità di accettare una realtà insopportabile: che la propria compagna sia “altro” da lui.

La denigrazione: la donna non è degna di rispetto e non ha diritto ad un’esistenza propria quindi umiliazioni, mortificazioni sul suo aspetto fisico, sui suoi amici, il suo passato etc. La partner non può indossare capi d’abbigliamento che esaltino la propria femminilità, la convince di non essere adeguata, di essere fuori luogo.

Atti intimidatori e minacce: è una violenza indiretta che ha l’obiettivo di far capire quanto si è forti e cosa si è in grado di fare. Si tratta di gesti come picchiare l’animale domestico di casa, rovesciare la cena, sbattere le porte, guidare a tutta velocità oppure minacciare di togliere gli alimenti, portare via i figli o persino di suicidarsi (il che alimenta nella compagna una forte colpevolizzazione).

Sottomissione e condizionamento: A poco a poco la donna perde la sua capacità di vedere distintamente quello che sta accadendo. Non si accorge affatto di subire una violenza fino a quando questa non diventa anche violenza fisica. Si sente costretta ad entrare in un circolo vizioso dal quale è difficile svincolarsi.

Una delle gravi conseguenze visibili, e allo stesso tempo, campanello d’allarme evidente all’ambiente esterno, sono i figli, quei figli che assistono a scenate di violenze verbali o che ne sono stati/e vittime in prima persona. I bambini mostrano problemi di salute e di comportamento, tra cui disturbi di peso, di alimentazione o del sonno. Possono avere difficoltà a scuola e non riuscire a sviluppare relazioni intime positive. Possono cercare di fuggire da casa o anche mostrare tendenze suicide. A volte già da piccoli segnali i figli mostrano ciò che sta succedendo all’interno dell’ambiente domestico: le ore trascorse davanti alla tv o con i videogiochi chiusi in camera non possono distogliere da comportamenti e atteggiamenti maltrattanti che nascono proprio dalle principali figure di riferimento, modello primordiale di uomo e di donna.  Così come le mamme, imparano a mettere in atto tutte le strategie necessarie al “quieto vivere”, al non fare arrabbiare papà, perché in fondo in fondo “gli vuole bene”.

I sintomi/segnali di malessere si possono individuare nei disturbi del sonno, nell’irritabilità, nell’insorgenza frequente di mal di testa e cefalee, nei disturbi gastrointestinali o in un continuo stato di apprensione, di tensione e di ansia. Questi possono essere considerati segnali di disagio di cui è opportuno verificare l’origine per poter coglierne l’evidenza consapevole delle aggressioni subite, comprendere il motivo che ha permesso tutto questo e riprogrammare il proprio significato di rispettabilità, di autostima e di responsabilità in modo che non vengano mai più oltrepassati i limiti del rispetto di se stesse.

Autrice: Manuela Mariani

[1] Le costellazioni familiari sono un metodo per poter indagare le ragioni di alcuni comportamenti ripetitivi che portano disagio nella nostra vita e di cui spesso non riusciamo a capire le cause, in quanto esse possono essere riposte nella storia delle relazioni familiari che ci hanno preceduto, e che noi semplicemente reiteriamo per amore cieco dei nostri genitori, dei nostri avi e del nostro sistema familiare di origine.

 

Intuitive Reiki

reiki1Dr. Mikao Usui, trasmettendo le sue conoscenze e la sua capacità guaritrice attraverso Reiki, ha altresì insegnato ciò che viene denominato ‘Reiki Intuitivo’ in accordo al concetto di ‘Conoscenza Intuitiva’. Invitava i suoi studenti all’avanzamento di livello seguendo anche questo criterio, connettendosi e consigliandosi con l’Universo.

Ogni Operatore segue un proprio personale percorso evolutivo: la realizzazione dei propri programmi di vita, unitamente ad un ‘appagamento’ spirituale che si rifletta interamente nel sistema di vita concreta, è indice di evoluzione.  Reiki permette integrazione e ri-scoperta delle illimitate possibilità che ognuno di noi possiede dalla nascita. La ‘trasformazione’ dell’essere in creatura positiva e benevola è senza dubbio riprova di allineamento, laddove si abbandonano serenamente e compassionevolmente tutti i nodi legati al passato e all’esistenza non consapevole. Ciò che sembrava irrisolvibile e doloroso trova nuova linfa e nuove appaganti spiegazioni. Tutto viene filtrato attraverso quella comprensione che è attività del Cuore Spirituale connesso all’Universo, e non più solamente dalla mente che genera pensieri SEMPRE condizionanti.

Il ‘mistero’ viene semplicemente accettato, perché non tutto può essere denominato o spiegato in termini raziocinanti, anzi…

Quando si riesce ad ‘avvertire’ nel nostro profondo una gioia dettata da nessun episodio esterno, si è pronti per avanzare… quando si riesce a non giudicare, a non sparlare, a non volere ostinatamente, a non pretendere risultato forzato in nessun settore, siamo pronti all’avanzamento… quando si mette a tacere l’Ego presuntuoso siamo finalmente liberi di splendere ! E di guarire !

Ogni volta che ci troviamo di fronte all’ignoto, nessuna spiegazione logica o razionale è più possibile, la mente deve tacere e non intralciare.

Possiamo solo affidarci alla fiducia, alla fede : Reiki è Energia Vitale Spiritualmente Guidata !

“Quando il Cuore è in contatto con il mondo, il mondo è divino.

Quando la Mente è in contatto con il mondo, il mondo è materiale.”                                                                    

Il cuore comprende subito senza interpretazione, in modo diretto e immediato; se vivi unicamente attraverso la tua mente non può esserci connessione meditativa… né guarigione…

                                                                                                                               (Osho) 

Trasmettere Amore attraverso una comunicazione silenziosa, senza forzati simboli linguistici è possibile;

quando si riesce a percepire il messaggio che il corpo e l’anima inviano, si ‘ascolta’ veramente!

Gli onesti Operatori Reiki si avvalgono di quel sano silenzio per apportare ri-equilibrio psico-fisico-emotivo-spirituale, senza alcun pretenziosa aspettativa, né parola alcuna  (…)

Autrice: Monica Di Nunzio
Reiki Master,Teacher&Healer

IL CERCHIO “ARCOBALENO”

cerchio arcobalenoCome i colori dell’Arcobaleno nascono dalla rifrazione della Luce, che è in realtà la Sorgente prima dei molteplici stati della materia, così la diversità delle dimensioni vibrazionali e psichiche della mente si può rintracciare in maniera simile nella simbologia astrologica. Lo Zodiaco rappresenta l’Aura della Terra, il suo campo energetico e psichico. Attraverso 12 livelli di coscienza fondamentali, sia la Terra che l’individuo sperimentano una visione peculiare della realtà a partire dall’Ariete che rappresenta l’impulso vitale, la manifestazione dell’immanifesto, fino ad arrivare all’Acquario e ai Pesci che rappresentano il mistero,  l’ignoto e l’infinito spazio che si spalanca oltre i limiti del conosciuto,  il ritorno a casa di ogni spirito libero.           

Ogni segno zodiacale rappresenta uno stadio concluso e perfetto in se stesso e nello stesso tempo un passaggio temporaneo, che a partire dalla dimensione visibile si apre gradatamente verso  i piani invisibili passando per tutte le sfumature e frequenze, sia nell’ambito di una stessa vita che nel percorso di più vite. Il sistema energetico umano composto dall’insieme corpo-mente–spirito, indipendentemente dal segno in cui nasce o da cui è in modo specifico improntato,  sperimenta nel corso della sua esistenza diversi livelli di energia, rappresentati simbolicamente dai dodici segni zodiacali, non solo attraverso i passaggi planetari e i cicli temporali che appartengono al karma individuale, ma anche attraverso le persone e le esperienze con cui sincronicamente  verrà a contatto nel corso della propria vita.

Ognuno, quindi, può sperimentare dentro di sé la matrice, l’impronta dell’energia cosmica attraverso le sue molteplici variazioni, di forma, colore e suono. Ognuno ha la possibilità, ad ogni passaggio, di superare una soglia che conduce su sentieri e cammini non ancora battuti, attraverso nuovi panorami e nuove visioni, in cui è la realtà circostante che, per un effetto ottico, sembra cambiare, quando effettivamente è la  percezione a mutare, ad ampliarsi, ad estendersi oltre quello che era un limite o un ostacolo in precedenza.

Cambiare visione può restituire un’ immagine dell’essere umano inedita, nuova,  e condurlo verso uno stile di vita in cui è l’invisibile ad essere integrato nella realtà ordinaria,  in cui il mondo emotivo, il pensiero, il sogno vengono riconosciuti come cause di effetti visibili, materiali e concreti, sempre più presenti nella dimensione terrena e non più relegati in un mondo a parte, separato.  Comprendere che è a partire dall’invisibile che prende vita la realtà e non il contrario, può cambiare in meglio la qualità della vita, tante ombre che dall’ignoto si materializzano sotto forma di paure ancestrali e consuetudini distruttive potrebbero dissolversi nella luce e nella brillantezza di una visione superiore.

Autrice: Eva Giacomelli

Giove in Leone – Saturno in Scorpione: l’apparenza chi inganna ?

775F455E725F5651La ruota del tempo gira e sotto il cielo di questo nostro mondo materiale, ciò che è (o dovrebbe essere) giusto, inserito nel percorso naturale delle cose, si sfida con l’onnipotenza dell’Io che si espande alla ricerca di ricchezza, splendore e successo. In campo astrologico, Giove e Nettuno portano con sè la qualità della positività e della protezione . Chi è benedetto da questi pianeti nel tema di nascita, specialmente se sono in armonico aspetto con il Sole, ha uno spirito avventuroso, è un astro-nauta ed entro-nauta allo stesso tempo. Gode a viaggiare fuori e dentro di sè, spinto da una forza sublime, desiderosa di grandi spettacoli, meravigliose avventure, anche esperienze oltre i limiti dell’ordinario. Spiritualità, conoscenza, contatto con culture, pianeti o dimensioni diverse, sperimentazione del nuovo,  spinti a varcare stati diversi , in alcuni casi alterati, di coscienza, che conducano ad una comprensione globale, profonda, allargata, espansa, che vada al di là del conosciuto.
Giove in Leone e Nettuno in Pesci chiedono una nuova espansione non dell’Io ma della Coscienza di questo Io, un Io che non è solo legato alla sopravvivenza e a questo mondo materiale: mangiare lavorare e riprodursi. Allargare la propria coscienza significa “comprendere” nella propria realtà e quotidianità lo “straordinario”, ciò che non si conosce ma che si desidera conoscere da sempre. Questa conoscenza già “è”. Va solo portata in questa dimensione, integrata, in modo che la vibrazione si elevi, sia della società che dell’individuo, e la qualità della vita e delle relazioni migliori.
In rapporto a questi due pianeti (Giove e Nettuno), Saturno fa la parte del conservatore, di quello dubbioso e scettico che, in quanto Guardiano della Soglia integerrimo, stabile e fermo nel suo compito di mantenimento dello “status quo”, è preposto a contenere e salvaguardare le spinte espansionistiche del “piccolo Io” alla ricerca del “grande Io”, a volte a tarparne brutalmente le ali.
Saturno vuole mantenere integro ciò che è stato faticosamente conquistato e che ha preso una forma stabile e funzionante. Prima di cedere e aprire le porte a ciò che non conosce, si accerta bene e valuta (quando funziona bene) se la coscienza è pronta per un certo tipo di esperienza. Al contrario, quando funziona troppo, diventa oppressivo, blocca qualsiasi contenuto considerato estraneo (quando teme le conseguenze nefaste che potrebbero derivare da un nuovo e caotico intruso ), e isola l’Io in una torre inespugnabile, soffocandolo anziché proteggerlo. In altri casi non esplica alcuna funzione, si assenta, lascia che la coscienza venga a contatto indiscriminatamente con qualunque novità, emozione o informazione, totalmente incapace di alzare sbarramenti o di delineare limiti logici e di pensiero, venendo meno la sua funzione di filtro a protezione della coscienza, con risultati devastanti. Ora che Saturno si trova, a partire da ottobre 2012, nel segno dello Scorpione – sede naturale di Plutone, fino al 22 dicembre 2014 quando entrerà in Sagittario,  dovrebbe individuare cosa è giusto in un percorso “dharmico” , setacciando le emozioni distruttive, negative, legate a valori che non sono in linea con ciò che si propaganda o si annuncia, riportare ordine laddove c’è confusione, ripristinare un armonico allineamento tra intenzioni e azioni, valori e decisioni.
L’ambiguità scorpionica si manifesta laddove c’è la paura, dove si ricerca un potere che deriva dalla manipolazione e dalla menzogna, soprattutto un potere sugli altri e sulle cose. Lo Scorpione ti dice: “Hai un potere dentro di te, trovalo ed esprimilo. Tutto ciò che di esteriore conquisterai, fatalmente prima o poi, lo perderai. Ciò che troverai dentro di te non lo perderai mai, sarà tuo perchè rispecchia il tuo percorso attraverso i Tempi e le Ere della tua Anima. Liberati da ciò che non è eterno, e trova ciò che è immutabile, purificando le negatività accumulate dal karma”. Saturno nella sede di Plutone dice: ”Quando arriva il Tempo, è inevitabile: ciò che è necessario accadrà, lo richiede la natura stessa delle cose”, bisogna quindi prepararsi a lasciare e ad alleggerirsi, alla grande trasformazione interiore, conoscendo se stessi.
Se Giove in Leone può amplificare il delirio di onnipotenza di molti e l’ingenuità di chi si ferma superficialmente a ciò che è visibile, nello stesso tempo la quadratura con Saturno in Scorpione mostrerà l’ambiguità e la falsità di ciò che è solo esteriorità e apparenza, senza corrispondenza con le vere intenzioni stipate nel mondo invisibile, nel buio del subconscio.
Tante verità nascoste verranno alla superficie , tenute compresse in un illusorio oblio. Ma chi le vedrà e ne prenderà coscienza? Chi ha occhi per vedere e orecchie per ascoltare, come sempre. A ognuno il suo livello di Coscienza. I nodi, poi, verranno al pettine quando Giove, Saturno e Plutone si congiungeranno in Capricorno nel 2020, in quel momento potremo vedere quale percorso individuale e collettivo è stato tracciato, e quello che abbiamo maturato in questa fase storica, quale nuova comprensione avremo raggiunto, nel cercare di armonizzare le esigenze individuali di gratificazione, felicità, significato e qualità della vita, con le esigenze collettive di “buon governo”, di equità e gestione del potere. Di certo, nella ricerca della propria verità personale da un lato e quella della chiarezza e trasparenza della società e delle istituzioni dall’altro, il 2020 sarà un banco di prova di quanto ciò che viene presentato come “buono” sia reale oppure l’ennesima mistificazione.
Una nuova e più allargata comprensione e visione della realtà, delle proprie potenzialità, mentali, emotive, sociali e umane può aiutarci a uscire dal labirinto della confusione di messaggi fuorvianti, che non solo ognuno di noi ha ricevuto, riceve e spesso subisce, ma che contribuisce a divulgare reattivamente e inconsciamente.
Dare attenzione a ciò che è semplice e buono ci può riportare a “casa”, all’”Io sono”, all’essenziale e vitale. E Saturno in Scorpione ci suggerisce che è nell’essenza che troviamo ciò che dalle nostre profondità può essere trasformato e rinnovato, mentre Giove in Leone ci ricorda la gioia di vivere nella spontaneità e nell’autenticità, frutto della volontà di conoscere se stessi, con coraggio, con amore, con fiducia e positività.

Autrice: Eva Giacomelli

Gocce di pioggia

gocce di pioggia con manoQuando ero piccola, avevo l’abitudine, forse come tutti i bambini, di convertire tutte le cose in nuclei familiari.  A ogni cosa, a cominciare dalle molliche di pane che rimanevano sparse sulla tovaglia dopo aver mangiato, dalla più grande alla più piccola davo loro un ruolo: c’erano il padre, la madre, i figli, che erano disposti per ordine di grandezza, e tutte le altre rimanenti molliche rappresentavano dei parenti che venivano a fare loro visita.  Quello che però catturava il mio interesse erano le gocce di pioggia che cadevano rumorose sui vetri delle finestre, quando fuori imperversava il temporale. M’incantavo a osservare i rivoli d’acqua che lasciavano le gocce sbattendo sui vetri; dal loro scrosciare si creavano percorsi che s’incrociavano con quelli di altre gocce e che poi, a loro volta, si perdevano schizzando via al proprio destino. Le gocce che cadevano erano destinate, come le precedenti, a ripercorrere lo stesso tracciato stabilito dalle prime, per perdersi anch’esse nel vuoto come quelle passate, così come avrebbero fatto tutte le altre che scorrendo via avrebbero dato seguito ai loro tracciati. Il vetro della finestra si bagnava velocemente di schizzi e rigagnoli dove io, forse preda della noia, mi divertivo a scommettere tra me e me, se questa volta una particolare goccia avrebbe potuto indirizzare altrove la sua caduta. Come una dea dai grandi poteri magici allora, creavo con il dito linee e tratti sul vetro, pensando di poter cambiare la loro sorte. Quella finestra diventava così la base dove si dispiegava una rete di vicende intrecciate tra loro, teatro di tante miserie, drammi e tragedie create da quelle piccole gocce che magari avrebbero voluto cadere in un altro luogo.  Non ho mai raccontato a nessuno questa storia, ritenendola molto stupida, ma, dopo aver conosciuto le Costellazioni Familiari di Bert Hellinger[1], mi sono resa conto che forse tanto stupida non è.

Autrice: Manuela Mariani

[1] Ideatore delle Costellazioni Familiari.

Mia Madre

zia GiulianaUna giovane donna, cresciuta in altri tempi, dove non doveva parlare, ma essere educata. Una donna bella ma che non sa cogliere la sua bellezza. Una donna che vorrebbe un uomo e per lui accetta qualunque cosa. Una donna che pur senza esperienza della vita mette al mondo un figlio. Una donna che dice si a molte cose sbagliate, che non le fanno vivere la vita come dovrebbe e non la fanno sperimentare come donna. Una donna incapace di imporsi per paura di non essere amata. Cresce suo figlio tra altri che interferiscono, schiacciano, urlano, la mettono in dubbio, la pressano. Il figlio, essendo figlio, non vede la madre come donna, come persona, e si sente offeso, tradito, non capisce. Entrambi sanno di non avere più da tanto tempo un contatto fisico, espressivo ed esperienziale. È quasi inevitabile, manca la forza, manca il coraggio, manca la possibilità, servirebbe una rivoluzione troppo pesante, troppo dolorosa, troppo devastante…e allora…il silenzio, un silenzio doloroso, lungo, che crea falsità, sopportazioni, piccole e localizzate aggressioni, allontanamenti…….poi un’immagine, mamma sta morendo, il figlio è ormai un uomo che vede una donna, stanca, avvilita, offesa da chi non ha apprezzato il suo sacrificio. Lui si avvicina a lei, la abbraccia, la coccola, entrambi si chiedono perdono si dicono di amarsi, finalmente l’incontro tanto atteso.
E la morte porta via la possibilità di vivere ciò che entrambi avevano visto finalmente come possibilità insieme.
Era una giovane donna, bella, d’altri tempi….una giovane madre, rimasta fanciulla anche a 74 anni, ora è nel mio cuore per sempre, perché ho ritrovato mia madre.

Autrice: Letizia Borelli

I Fondamenti Scientifici del REIKI (The Science Behind Reiki)

articolo reikiTutti gli onesti Operatori Reiki possono testimoniare i risultati straordinari che riscontrano dopo i trattamenti offerti. Ma è difficile “spiegare” esattamente come siano stati ottenuti tali risultati. Si possono condividere alcuni principi fondamentali della “terapia” Reiki, inserendoli nella prospettiva della medicina energetica. L’ Energia Reiki si traduce in Effetto Fisico, non Effetto Placebo. Quando un paziente o il medico stesso crede fortemente che un trattamento gioverà, proprio quella convinzione può creare un favorevole cambiamento fisico: questo fenomeno – effetto placebo – non deve essere confuso con il successo ottenuto tramite trattamenti Reiki. Dopo innumerevoli comprovati casi di guarigioni – anche di malattie ritenute irrisolvibili – grazie all’imposizione delle mani, molti ricercatori (perlopiù statunitensi) hanno voluto riproporre in laboratorio esperimenti finalizzati all’osservazione sistematica e “scientificamente” accettabile: Krinsley D. Bengston, per esempio, ha constatato nei suoi esperimenti attenti e differenziati un 87,9% di pieno successo dopo trattamenti Reiki offerti. Lo stesso Bengston affermerà : I risultati del mio accurato lavoro sono entusiasmanti: i trattamenti Reiki non hanno nulla a che fare con l’effetto placebo, si riscontra piuttosto un responso diretto e rimarchevole utilizzando l’energia sprigionata attraverso le mani dell’operatore (…).

(Krinsley D. Bengston – The Effect of the Laying On of Hands , Journal of Science Exploration, 2000)

Reiki produce onde elettriche e magnetiche che possono essere misurate: certificazioni, elaborati, testi specifici ne testimoniano gli effetti indiscutibili.

Dr. James L. Oschman, uno fra i più autorevoli scienziati di medicina energetica dichiara: “..noi stessi siamo energia elettrica e magnetica..possiamo misurarlo, e saperne di più sulla nostra condizione (…)”. Gli effetti dei campi magnetici appartengono all’intero sistema vivente, e possono essere evidenziati da strumentazioni magnetonometre e lo SQUID (superconducting quantum interference device).

(James L.Oschmann – Energy Medicine: The Scientific Basis / Energy Medicine in Therapeutics and Human Performance)

La misurazione di campi biomagnetici è stata argomento emergente parallelamente all’avvento della fisica quantistica. In occidente prevale un orientamento “tecnologico” sia per diagnosi che per trattamenti: risonanze magnetiche, pacemaker, defibrillatori, laser e altro. Elettrocardiogramma ed encefalogramma sono utilizzati da quasi un secolo, dunque l’approdo a risposte biomagnetiche ci appartengono ormai da molto tempo. Negli anni ’70 ogni ricerca a tale proposito ha condotto ad una affermazione inconfutabile: si possono stimolare processi di crescita e di risanamento. Nelle fratture ossee, ad esempio, la terapia elettromagnetica registra pieno successo: il range di frequenza necessario è di 7 Hz. Gli impulsi magnetici registrati dalle mani degli operatori Reiki sono parimenti comprovati, livelli elettromagnetici di bassa frequenza: 2 cicli al secondo (Hz) per rigenerazione nervina, 7 Hz per la ricrescita ossea, 10 Hz per rigenerazione dei legamenti e 15 Hz per formazione capillare. Gli operatori Reiki descrivono tali impulsi “una canalizzazione” di Energia Universale: certamente questi terapisti sono conduttori di  ‘frequenze universali’ che utilizzano per guarire e armonizzare.

(Tamisha Sabrina – The Science Behind Reiki: What Happens in a Treatment – The UK Reiki Federation)

Il Dr. James Oschmann offre una definizione scientifica basilare: “ L’energia guaritrice, se prodotta da una strumentazione medica oppure da un operatore che utilizza le proprie mani, è Energia di una particolare frequenza che stimola le parti interessate e apporta guarigione”.

Autrice: Monica Di Nunzio
Reiki Master,Teacher&Healer

Mia nonna si che sapeva cucinare!

il cibo e l'amoreMia nonna si che sapeva cucinare! E così anche mia madre e mia zia.
Nutrirsi, da sempre è stato il bisogno primario di ogni essere vivente, ma, a differenza degli animali che sono guidati dall’istinto nella ricerca del cibo nel suo stato naturale, l’uomo, grazie alla sua intelligenza e all’affinamento del gusto ha imparato a elaborare gli alimenti con i più diversi procedimenti che vanno dalla cottura alla preparazione, alla conservazione, al sapiente abbinamento dei sapori. Il cibo è amore! Ho ancora il ricordo del sapore della crema pasticcera che mia nonna mi preparava per merenda…mai più ho mangiato qualcosa di simile, neanche il miglior pasticcere di Roma potrebbe farmi riprovare quel sapore squisito che solo lei sapeva elaborare; poi metteva il piatto di crema sul davanzale della finestra per farla raffreddare ma a tavola non arrivava mai perché le mie arbitrarie sditazzate rendevano il piatto impresentabile, ma lei mi perdonava tutto.

Tutti parliamo d’amore, ma che cos’è veramente l’amore? Questo “qualcosa” di indefinibile e infinito che  tutti vogliamo avere, conservare, possedere…storie che cominciano, altre che finiscono, l’amore tra la madre e i figli, tra un uomo e una donna, tra un uomo e un uomo, tra una donna e una donna, l’amore verso gli animali, il cane e il gatto verso il loro “padrone”, l’amore che può esistere tra un cane e un gatto? L’amore è cibo! E si dice che le frasi che esprimono l’amore siano proprio: “Hai fame? Hai mangiato? Ti preparo qualcosa?”.
I miei genitori non erano per niente espansivi nelle loro espressioni d’amore, ma mia madre, quando voleva riscaldare i cuori di noi grandi e dei piccoli, la domenica preparava gli gnocchi, le lasagne, le fettuccine e per quanto mi riguarda tutta la settimana ero a dieta ma la domenica mi davo alle baccanate mangerecce e siccome mia madre aveva l’abitudine di cucinare per un esercito ci portavamo a casa le pietanze che rimanevano. Amare, perciò, significa anche prendersi cura degli altri attraverso il cibo, e più amore mettiamo nella nostra cucina e più la pietanza diventa saporita e nutriente. L’amore è l’ingrediente necessario e primario per condire un solo piatto di pasta che con un filo d’olio diventa una prelibatezza.

Al giorno d’oggi si spadella in continuazione e da tutte le parti a partire dalla televisione in cui si spadella dalla mattina fino alla sera. Ci propinano ricette di tutti i tipi, modi di cucinare come il crudismo, il vegano, il naturale…ma quando qualsiasi piatto è cucinato con amore, in qualunque modo in cui è stato cucinato può farci solo bene, e diventa un nutrimento per il corpo, la mente, l’anima e lo spirito!

Ecco una ricetta offerta con amore:

Pane e Pomodoro, ovvero “La Panzanella”

Ingredienti:

Pane, pomodori maturi, olio e sale

Fette di pane casereccio con mollica, possibilmente del giorno prima. Pomodori maturi tagliati a metà e sfregati sul pane dove lasciano i semi, l’acquetta e la polpa strappata alla pelle dalla ruvidità del pane che deve essere umido. Sale ben distribuito. Un filo d’olio. Con qualche foglia di basilico diventa una raffinatezza.

Prendere ogni fetta di pane con le dita dalla parte della crosta, stringerla e lascarla poi andare in modo che l’olio si sparga liberamente e poi…gustate.

               NON FATE LA GUERRA MA LA PANZANELLA

 Autrice: Manuela Mariani

Storia di una ragazza anoressica che aveva perso il suo cuore

LUMICINOC’era una volta un puntino luminoso, che decise di scendere dalle Galassie per trasferirsi sulla Terra.
Ciò avvenne perché era stato chiamato da una bambina, in sogno, che aveva perso il suo cuore. Ella, che si chiamava Ilaria, era stata abbandonata da tutti, compresi i suoi familiari e per questo soffrì talmente tanto e talmente a lungo da perdere il suo cuoricino. Lo cercò per giorni e notti, negli angoli più riposti della sua casa, persino in giardino e in soffitta. Niente. Era scomparso, o meglio, forse lo avevano rapito. Ma chi, e quando? E dov’era era? Il suo petto era ormai piatto: nessun sussulto,  nessun sobbalzo, tutto taceva. Non era morta, a dire il vero, solo che viveva come le piante e tutti gli esseri vegetali che si nutrono, respirano, dormono ma non trepidano, non sentono nulla dentro di loro. E pensare che la piccina era così sensibile: amava tutto e tutti.
Una notte, o meglio era quasi l’alba, Ilaria ebbe una visione: aprì gli occhi e immaginò che al posto del suo cuoricino ci fosse un puntino luminoso. «Chi sei?», gli chiese sorpresa, ma contenta. «Sono Lumicino e sono venuto dal cielo per aiutarti». La piccola fu felice, si sentiva meno sola e Lumicino era come un terzo occhio per lei, per cercare meglio quella cosa così importante che le mancava. E così cominciò la vita di Ilaria con il suo nuovo amico.
Erano inseparabili: dormivano, mangiavano e giocavano sempre insieme. Facevano anche i compiti per la scuola, aiutandosi l’un l’altra. Passeggiavano e facevano la spesa, cucinavano e mettevano a posto la casa, ridevano e piangevano senza mai, però, la speranza di ritrovare il cuore.
Quando, la sera, le stelle sorgevano e si potevano ammirare perché il cielo era terso e la tramontana aveva spazzato via tutte le nuvole, Lumicino si affacciava alla finestra e sospirava: «Oh, come vorrei essere lassù con voi! Ma non mi sono pentito di essere venuto in soccorso di Ilaria sulla Terra, anche perché sono convinto che la nostra impresa avrà buon esito. Per questo, però, prego soprattutto la Stella Polare, la più potente, di non abbandonarci e di aiutarci». Tutto tacque. Era così difficile  accaparrarsi il favore della Regina delle stelle così bella, così misteriosa, così visibile ma inafferrabile. Lumicino doveva tornare lassù, cercare Stella, parlarle personalmente e donarle una pera d’oro che si trovava sulla Terra, in una regione conosciuta solo a una fata di nome Smartie. Ora, quindi, il compito si faceva sempre più arduo.
Ilaria venne a conoscenza di questo progetto e pregò Lumicino di rimanere con lei, senza avventurarsi oltre. Ella era contenta così, con il suo amico venuto dal cielo. Ma Lumicino era deciso a riportarle il Cuore.
Il lunedì seguente, preparò i suoi bagagli – una piccola urna in cui avrebbe viaggiato – salutò Ilaria che pianse, pianse fino a che non lo vide sparire nel cielo azzurro. Lumicino arrivò presto a casa sua. Andò dai suoi e raccontò dapprima la storia della sua amica terrestre e poi il suo progetto con Stella Polare. Tutti – sì, perché Lumicino aveva ben cinque sorelle – lo ascoltarono, ma quando sentirono che Lumicino voleva recarsi a cercare la pera d’oro da donare a Stella, allora no! «Tu non ti muoverai più da qui!», dissero in coro. «Ci teniamo troppo a te. Non abbandonarci! Capiamo che ritrovare il cuore di Ilaria è un’impresa meravigliosa, ma tu possiedi una famiglia e non la puoi trascurare così!».
Lumicino rispose rivolgendosi a loro così: «Oh, sorelline, vi prego, lasciatemi andare. Sono anni che sogno dentro di me di poter essere d’aiuto a un terrestre, perché mi sono simpatici e poi… perché io… non ho mai visto un cuore!».
Le stelline furono convinte: un cuore! Un cuore umano, quello che possiedono gli astronauti e che mettono così in pericolo quando vanno a girovagare per la Luna, Marte, Urano, Venere. E come sarà codesto «coso?» Piccolo, grande, verde, rosso, magari parlante oppure muto come un pesce. Bene, ora vi era l’approvazione generale di tutti. Lumicino si rinfrescò, mangiò un piccolo raggio e si riposò.
Che avventura lo aspettava! Innanzitutto la pera, e mentre riposava pensava: «E io, dove la trovo la fata che ha la pera d’oro?». Ma si addormentò subito. Quando si svegliò, partì. Ritornò sulla Terra: atterrò nel bel mezzo di una catena di montagne così alte, così bianche e così belle. Girovagò un po’ senza meta. Arrivò in un paese, ma non poteva certo chiedere dove si trovasse la fata. Triste e sconcertato, entrò in una casetta calda e accogliente. Aveva freddo: si mise vicino al  caminetto, aveva anche fame e prese un po’ di cioccolata calda dalla tazza di una bambina bionda che era lì dentro. La piccola fece caso a lui che subito disse: «Sssh, non fiatare. È pericoloso». La bimba rise, rise così tanto che il resto della gente che era lì cominciò a guardarla. «Non è nulla», disse. Lumicino era sorpreso. Cosa voleva dire tutto ciò? Forse era la fata? Aveva ragione. La bella bambina era proprio lei, e il caso aveva voluto che si incontrassero quasi subito. Glielo disse «a un orecchio» la coccinella che, prima di partire, le sorelline gli avevano regalato. «È lei, proprio lei, la fata che cerchi e ti sta aspettando per portarti a prendere la pera d’oro». Lumicino era felice. La bimba si allontanò, lo raggiunse e gli disse: «La pera è dall’altra parte della Terra, in una regione sconosciuta. Devi recarti da mia sorella, che ti darà altre istruzioni». Lumicino la ringraziò e ripartì subito. La strada era molto lunga, ma fortunatamente lui poteva volare. Attraversò città, paesi, valli, laghi, pianure, deserti, catene montuose. Era proprio bella, la Terra! Così colorata, così multiforme, così variegata, così ricca di genti così diverse fra loro! Arrivò alla meta. Lo capì quando la coccinella gli disse di fermarsi. Il posto era meraviglioso, sembrava situato su di un arcobaleno e la fata vi regnava sovrana in un castello.
«Toc toc», bussò Lumicino. «Chi è?», chiese un servitore dall’interno. «Aprimi, per favore, cerco la fata, mi manda sua sorella». «Vieni, accomodati». Il servitore lo fece entrare e lo pregò di attendere. Lumicino aspettò un po’ e la fata venne: era vestita interamente di rosa, era meravigliosa! «Ciao, piccola sorgente di bontà, oltre che di luce!», lo apostrofò la fata.
«Ciao, splendido esemplare del mondo magico!», replicò Lumicino. E così furono subito amici. «Ti manda mia sorella?», chiese la fata. «Sì, perché devo avere assolutamente al più presto la pera d’oro, altrimenti c’è il rischio che una mia amichetta terrestre rimasta senza cuore possa morire da un momento all’altro. Quindi, ti prego, dammi la possibilità di aiutarla!».
La fata, commossa dal racconto di Lumicino, lo fissò talmente tanto e talmente a lungo da impossessarsene. Erano fusi, ormai, un’unica cosa. Uscirono dal castello, s’incamminarono verso il bosco, raggiunsero la fonte d’acqua più vicina alla dimora regale e… ecco l’albero dalle pere d’oro!
Oh, come erano belle, splendenti, così ben forgiate, ma quasi quasi appetitose. Si trovavano in un posto magnifico: una conca circondata da alti fusti di faggi, abeti, pioppi che insieme formavano una spirale con le più basse querce più centrali, e poi gli alberi da frutto proprio intorno alla pozza d’acqua che riempiva lo spazio come fosse l’ombelico del posto!
Descriverlo non è facile, tanto era affascinante e strano, così singolare che sembrava un’oasi unica al mondo. L’alba e il tramonto confondevano i loro colori dipingendo l’aria. E l’albero dalle pere d’oro era il dono che la Natura aveva offerto a quel posto incontaminato. Essa, durante un’occasione che non sto qui a raccontare, anche se sarebbe molto interessante, attraverso un incantesimo aveva preso tutti i cuoricini di bambini morti per malattia o per disgrazia e li aveva trasformati in frutti dorati perché fossero immortalati e quindi resi più preziosi e introvabili per non essere più feriti.
Ecco dove era il cuore di Ilaria. Natura aveva pensato bene di proteggere quell’esserino così ferito affinché potesse vivere in serena pace in un mondo di beatitudine. Ora che Ilaria viveva desiderosa di riaverlo, Natura aveva provveduto che ciò avvenisse con la promessa, però – e questo Lumicino lo lesse sull’albero a chiare lettere – di proteggerlo come se fosse il gioiello più prezioso.
Lumicino prese la pera dove c’era scritto il nome di Ilaria (era tanto pesante) ma, con l’aiuto della fata, s’incamminò verso il paese di Ilaria. Miracolo! Più camminavano, più il frutto duro e compatto sembrava sciogliersi come neve al sole.
Quando arrivarono, era diventato proprio come Lumicino lo aveva immaginato: lo donò alla piccola che esultò dalla gioia.
Ancora oggi balla, ride, scherza, scrive a Lumicino e alle fate che sono sicuramente i suoi migliori amici.
E guai a chi prova a scoprire il suo segreto! Ormai la sua vita ha un senso, un senso che conduce all’Amore!

Quando rileggo le storie spesso mi commuovo, perché mi trasmettono la gioia che, allora, provavo nel cercare di ritornare alla vita, sebbene con molta fatica e non senza l’aiuto di personaggi che somigliavano proprio a Lumicino, Smartie e sotto la guida della Stella Polare.
Avevo perso anch’io il cuore, perché l’anoressia arriva proprio per manifestare, attraverso il corpo così emaciato e sofferente, la mancanza di amore. Ma, se ci hanno rubato la nostra identità, corriamo a riprendercela!
Chi sono, in fondo, coloro che si permettono di privarcene?! Non è facile in quei momenti in cui sembra che non ce la possiamo fare e siamo solo tese a mostrare il nostro scoramento quasi quasi sembrando di consegnarci nelle loro mani!Ma …ecco la pera d’oro! Era tutta lucente per me che stavo piano piano riscoprendo il mondo. Mia madre mi diceva di mangiare almeno quei bellissimi frutti che mi comprava al mercato. Così da strega si trasformava anche lei in fata, non bella e buona come Smartie, ma sufficientemente amorevole per restituirmi alla vita.

tratto dal libro “Le figlie della Luna” di Isabella Lacasella ed. Magi