Intervista a Mikao Usai

Testo integrale di un’intervista rilasciata da Usai ad un giornale giapponese.

Cos’è l’Usai Reiki Ryoho? Con somma gratitudine abbiamo ricevuto i principi Meiji dall’Imperatore e viviamo conformandoci ad essi. Per raggiungere il vero cammino spirituale dell’umanità dobbiamo vivere secondo quei principi. Ciò significa che dobbiamo imparare a migliorare il nostro corpo, i nostri sentimenti ed i nostri pensieri con la pratica costante. Facendo questo, guariremo soprattutto lo Spirito. Dopodichè saremo in grado di guarire il corpo. Quando la nostra mente si trova sul salutare sentiero dell’onestà e della serietà, il corpo guarisce completamente da solo. Poichè la mente e il corpo sono una cosa sola, noi vivremo la nostra vita in pace e nella gioia. Noi guariamo noi stessi e anche le malattie degli altri. Questo è il senso dell’Usui Reiki Ryoho.
Reiki si basa su una forma di psicoterapia, di autosuggestione, di ipnosi e così via? È qualcosa di simile ad una terapia già conosciuta?
No. Dopo anni di intenso e duro lavoro, ho incontrato un segreto spirituale. E’ questo che libera il corpo e la mente.
È una forma di guarigione spirituale?
E’ abbastanza corretto. Potremmo chiamarla così. Comunque la si potrebbe chiamare anche terapia fisica, poiché l’energia e la luce irradiano da tutto il corpo della persona che sta dando il trattamento. l’energia e la luce si irradiano soprattutto dagli occhi, dalla bocca e dalle mani di chi da il trattamento. Egli può contemporaneamente fissare con gli occhi la parte malata, soffiarci sopra e massaggiarla delicatamente. Mal di testa, mal di denti, mal di stomaco, nevralgie, ferite da taglio, ustioni e così via guariscono facilmente. Le malattie croniche non sono facili da trattare, ma anche un singolo trattamento mostra benefici effetti. Mi chiedi in che modo questo fenomeno possa essere spiegato in termini scientifici. Bene, ritengo che la realtà sia molto più significativa di quanto lo possa essere qualsiasi teoria. Quando vedrete i risultati sarete d’accordo con me. Anche chi si ostino a non voler credere, non potrà negare l’evidenza. È necessario credere nell’Usui Reiki Ryoho, perché avvenga la guarigione?
No. La fede non è necessaria, perchè Reiki non lavora con la suggestione. Non fa differenza se la persona è incredula, scettica o prevenuta. Ad esempio, funziona sia con i bambini piccolissimi che con persone che hanno malattie gravi e non sono coscienti. Una persona su dieci porterà con sé la fiducia durante il primo trattamento, ma in seguito anche gli altri sentiranno i benefici effetti e la fiducia crescerà dentro di loro.
Quali malattie possono essere guarite con l’aiuto dell’Usui Reiki Ryoho?
Qualsiasi malattia causata da fattori fisici o psichici può essere guarita con Reiki.
Reiki guarisce solo malattie?
No, non solo malattie di tipo fisico. Può guarire anche cattive abitudini, disordini psicologici come dipendenza, insicurezza, ansia, nervosismo, difficoltà di prendere decisioni. Con Reiki diventiamo simili a Dio o al Buddha e realizziamo lo scopo di guarire i nostri fratelli esseri umani. E’ così che possiamo rendere felici noi stessi e gli altri.
In che modo guarisce l’Usui Reiki Ryoho?
Io non sono stato iniziato da nessuno in questo metodo. Non ho fatto alcuno sforzo per raggiungere eccezionali poteri di guarigione. Mentre digiunavo, sono entrato in contatto con una intensa energia e, in maniera misteriosa, sono stato ispirato (iniziato). Per una serie di coincidenze, ho compreso che mi era stata data l’arte spirituale di guarigione. Sebbene io sia il fondatore di questo metodo, mi riesce difficile spiegare con più precisione. Fisici e studiosi fanno ricerche appassionatamente, ma è stato difficile arrivare ad una conclusione basata sulla scienza medica. Arriverà il tempo in cui Reiki incontrerà la scienza.
Reiki utilizza sostanze o tecniche speciali? Ci sono effetti collaterali?
Non ci sono nè farmaci né strumenti. si usa lo sguardo, il soffio, il contatto con le mani sul corpo. Questo è tutto quello che serve per guarire.
Occorre una conoscenza medica per usare l’Usui Reiki Ryoho?
Reiki è un metodo di guarigione spirituale che va oltre la scienza e la medicina. E comunque non è basata su quelle. Quando guardi, soffi o appoggi le mani sulla parte malata del corpo, in quel momento raggiungi il tuo scopo. Ad esempio, tu toccherai la testa per trattare il cervello, l’addome per trattare l’intestino e gli occhi per trattare la vista. Non devi prendere né amare medicine, né praticare l’agopuntura e in breve tempo sarai guarito. Questo è il motivo per cui questo metodo spirituale è una creazione originale.
Come viene considerato l’Usui Reiki Ryoho dai medici più rinomati?
Sembrerebbe molto bene. Famosi medici europei sono molto critici circa la somministrazione di farmaci e il Dott. Sen Negai dell’Università di Medicina di Teikoku dice: “Noi medici sappiamo come diagnosticare una malattia, registrarla e conoscerla, ma non sappiamo né da dove viene né come guarirla.” Il Dott. Kondo dice: ” E’ davvero arroganza dire che la medicina ha fatto enormi progressi quando in realtà non prende in minima considerazione l’equilibrio spirituale del paziente. Questo è il più grande svantaggio.” Il Dott. Sakae Hara dice: “e’ una impertinenza trattare un essere umano, che possiede saggezza spirituale, come un animale. Io credo che in futuro faremo i conti con una grande rivoluzione nel campo della terapia.” In ogni caso, molti medici e farmacisti comprendono tutto questo e vengono da me per essere iniziati a Reiki.
La capacità di guarire attraverso l’imposizione delle mani sarà certamente riservata solo a coloro che abbiano raggiunto un alto livello di sviluppo spirituale. Non credo che chiunque possa apprendere ciò. O lei pensa di si?
Tutti gli esseri in cui la vita sia stata ispirata hanno ricevuto il dono e la capacità spirituale della guarigione. Lo stesso vale anche per le piante, gli animali, i pesci e gli insetti. Ma gli esseri umani, che rappresentano il punto culminante della Creazione, hanno ricevuto il potere più grande. L’Usui Reiki Ryoho è apparso nel mondo per renderlo utilizzabile.
Chiunque può essere iniziato all’Usui Reiki Ryoho?
Naturalmente, e nel giro di poco tempo imparerà a guarire se stesso e gli altri. Fino ad oggi ho iniziato più di mille persone e non uno ha fallito nell’ottenere i risultati desiderati. Anche chi ha appena ricevuto il Shoden (primo livello), è già in grado di guarire le malattie. E’ incredibile che possiamo in così poco tempo, imparare a fare una delle cose più difficili per il genere umano. Io stesso sono meravigliato. E’ proprio questa la caratteristica di questo metodo di guarigione spirituale, che possiamo apprendere una cosa così difficile in un modo tanto semplice.
Con l’Usui Reiki Ryoho abbiamo visto che possiamo guarire gli altri. Ma che succede con noi stessi?
Se non siamo in grado di guarire le nostre malattie come potremmo guarire gli altri? Cosa occorre per imparare l’Okuden (secondo livello)?
Prima di tutto imparare lo Shoden e quando avrete ottenuto risultati concreti di buon comportamento, di onestà e moralità e siete assolutamente entusiasti di Reiki, allora potrete essere iniziati allo Okuden.
C’è ancora qualcosa da imparare nel Reiki dopo l’Okuden?
C’è il Shinpiden (terzo livello).

Tratto dal sito del Centro Reiki Milano

Le scarpe nei sogni

Nei tempi antichi la scarpa era spesso merce di acquisto  o di scambio, aveva il valore simbolico dell’”affare fatto o del contratto concluso” e del possesso di un bene.
Gettare o battere una scarpa in un campo significava ribadire il diritto di possesso dello stesso; cedere una scarpa ad un acquirente voleva intendere la rinuncia dei diritti su quel determinato bene; togliersi le scarpe entrando in casa altrui, simboleggiava rinunciare ad ogni rivendicazione o potere su quello spazio e sugli oggetti in esso contenuti; dare in garanzia le proprie scarpe significava assumersi l’impegno a pagare il debito contratto e, considerato che la loro fabbricazione era molto macchinosa, le scarpe erano considerate oggetti di grande lusso.
Presso alcune tribù ebree, il padre trasmetteva la sua autorità sulla figlia al futuro genero semplicemente lasciandogli in pegno la scarpa di lei. Questo rito valeva come un contratto preliminare di matrimonio.
Nell’antica Roma chi indossava i calzari era considerato una persona benestante, mentre al contrario chi non li indossava era considerato un servo. Le scarpe più diffuse tra gli antichi romani erano i sandali.
Si racconta che Caio Cesare Germanico (nipote dell’imperatore Tiberio e suo successore), fin da piccolo accompagnava i genitori nelle spedizioni militari in Germania indossando le calighe, le calzature tipiche dei legionari o sandali con i “lacci” (simbolo di conquista). Per questo i soldati lo soprannominarono affettuosamente Caligola. Gli antichi romani oltre alle calighe, erano soliti indossare tanti altri tipi di scarpe, secondo il lavoro che svolgevano o gli incarichi che avevano, tra i numerosi termini latini utilizzati per indicare le scarpe troviamo: boza, cothurnus, calceus, crepita, pero, sandalium, soccus, solea. Per esempio nelle “Filippiche”, Cicerone per comunicare che Asinio era stato nominato senatore, scrive semplicemente che cambiò tipo di scarpe (mutavit càlecos).
La scarpa è legata allo spostamento e in chiave simbolica possiede alcune proprietà magiche che permettono, a chi le possiede, di liberarsi dalle leggi fisiche (come fece il Gatto con gli stivali nella famosa favola); rappresenta il superamento dei limiti, il trascendimento della materia e la vittoria dello spirito sul corpo (i sandali alati del dio Ermes, Mercurio per i latini, sono rimasti vivi nel mito).
Nella mitologia Ermes, detto anche il messaggero degli dei, era l’unico dio in grado di entrare nell’Ade ed uscirne vivo per portare i messaggi che Plutone (Ade per i Greci), dall’oltretomba mandava su nell’Olimpo a suo fratello Zeus.
I modelli e i colori delle scarpe denotano particolari che incuriosiscono e intrigano. Ne possiamo trovare di tutti i tipi: scarpe trasgressive, sportive, con tacco altro, con tacco basso, da ginnastica, sandali, infradito e tanti altri.
Se le scarpe sono nere e con tacco a spillo, sinonimo di eleganza e di raffinatezza, simboleggiano la seduzione e la trasgressione; le scarpe bianche, sinonimo di purezza, simboleggiano il rifiuto di tutto ciò che è oscuro e incomprensibile; le scarpe con lucchetti, fibbie, borchie, anelli e lacci che avvolgono la caviglia a la risaltano, richiamano alle perversioni e sono simbolo di sottomissione all’amante, dominio della donna oggetto di amore, di conquista e di attenzione; quelle con fiocchi indicano l’attenzione e la curiosità che la donna vuol proporre all’osservatore, un pizzico di frivolezza, di volubilità e di leggerezza; le scarpe scamosciate, multiuso, più resistenti e pratiche sono riconducibili a persone pronte “ad affrontare tutte le situazioni”.
Quando le scarpe che calziamo sono troppo strette, l’analisi dovrà basarsi su alcuni aspetti nella relazione di coppia, su situazioni soffocanti che si è costretti a sopportare.
L’espressione “fare le scarpe a qualcuno” vuol dire “prevalere su qualcuno, essergli superiore”. Equivale ad avere il controllo sul piede quindi sul suo potere. Fargli le scarpe perciò significa evirarlo, renderlo impotente. Per Freud il piede equivale al pene e la scarpa simboleggia la femminilità. Secondo James G. Frazer, alcuni popoli primitivi associavano inconsciamente il piede-pene con l’anima, la concepivano nelle scarpe, la scarpa diventa la sede dell’anima. Nel suo libro Il ramo d’oro, racconta che alcune tribù d’America quando si pensava che un uomo avesse perso la propria anima, gliela restituivano facendogli calzare un paio di scarpe “….certi indiani riprendono l’anima smarrita di un uomo per mezzo delle scarpe e gliela restituiscono facendogliele calzare”.
Sembra, che anche i primitivi americani associassero il piede al pene come all’anima. Infatti un loro antico detto era: “stare nei mocassini degli altri per tre lune” (mettersi nei panni degli altri per comprendere il bisogno dell’anima di chi si ha di fronte). Anche gli anglosassoni usano dire “se fossi nelle tue scarpe” che sta per: “se fossi al posto tuo!”.

Testo tratto del libro “Dalle Radici al Cielo” di Manuela Mariani

Ed. Argo Editore – Roma 2009

Sognare di perdere una scarpa

Lucia scrive:

Alcuni mesi fa, sono stata convocata dal mio capo per avere un riconoscimento economico dovuto ad un incarico assegnatomi e svolto con soddisfazione da parte di tutti. Sembra incredibile ma la notte stessa ho sognato di perdere una scarpa. Dopo una settimana infatti, ho ricevuto la brutta notizia che dalla sede centrale non mi era stato convenuto questo riconoscimento per mancanza di fondi. Ci sono rimasta molto male! Leggendo il suo articolo mi ci sono identificata. È possibile che sia attinente?

Risposta:

Purtroppo perdere le scarpe non è di buon auspicio. Significa perdere le opportunità, soldi e quanto altro. Devo purtroppo dirti cara Lucia, che il tuo intuito non si è sbagliato.

Sognare di provare tante paia di scarpe in un negozio senza trovare quelle adatte

Massimiliano scrive:

Sono un single, sto cercando l’anima gemella ma non si vede nulla all’orizzonte. Tempo fa ho sognato di essere in un negozio e provavo tante scarpe senza però trovare quelle giuste. Potresti dirmi qualcosa in merito?

Risposta:

Certo, mi sembra di capire che sei un tipo piuttosto difficile a trovare “la scarpa adatta per il tuo piede”. Comunque coraggio! Chi cerca trova.

Sognare di calzare scarpe troppo grandi

Mariella scrive:

Ho sognato di calzare scarpe troppo grandi per i miei piedi e quando camminavo avevo paura di perderle. Cosa significa?

Risposta:

Devi avere più fiducia in te stessa. Qualsiasi cosa tu stia intraprendendo devi alzare l’indice di autostima altrimenti perdi delle opportunità per paure che non riesci a superare.

La Cabala associa il numero 88 alle scarpe.

Autrice: Manuela Mariani

Mikao Usai – Il saggio padre del Reiki

Mikao Usui nacque il 15 agosto 1865 nel villaggio di Taniai (attualmente noto come Miyama Cho) nella contea di Yamagata, prefettura di Gifu, in Giappone. Il nome del padre di Usui era Uzaemon e il cognome della madre Kawaii. Dotato di capacità straordinarie le mise a frutto imparando molte arti. Da adulto, per potervi studiare, visitò molti paesi occidentali e anche la Cina. La religione della sua famiglia era il buddhismo Tendai e da bambino studiò proprio in un monastero Tendai.
Si appassionò di arti marziali a partire da 12 anni e ne divenne presto un grande esperto. Praticò una variante del Qi Gong nota come Kiko ma si dice che conoscesse bene anche Morihei Ueshiba, fondatore dell’Aikido, Gichin Funakoshi (fondatore del Karate moderno) e Jigoro Kano (fondatore dello Judo). Fu un abile e rispettato uomo d’affari. Assunto alle dipendenze di un potente uomo politico, Shinpei Goto, ebbe modo di viaggiare in lungo e in largo sia in Giappone che all’estero, diventando molto noto e accrescendo la sua vasta cultura grazie all’esperienza. Usui era un dottore non in senso stretto, ma la vastità della sua cultura lo fece riconoscere come tale a livello onorifico: era un grande esperto di filosofia, psicologia, teologia, aveva buone cognizioni di medicina e di pratiche di guarigione. Di natura assai versatile amava molto leggere e si dilettava di poesia.
Il nome di sua moglie era Sadako Suzuki. Avevano un figlio, Fuji e una figlia, Toshiko. Fuji Usui diresse l’attività famigliare dopo la morte del padre e fu un insegnante dell’Università di Tokyo. Mikao Usui era molto cordiale, semplice e umile, il suo corpo era sano e robusto. Era rinomato per il suo sorriso sulle labbra, ma in caso di difficoltà era anche abile a difendersi. Uomo assai attento, sotto molti punti di vista era un’anima estremamente virtuosa. L’esperienza di un’intera vita dedita all’apprendimento e alla raccolta di informazioni lo aiutarono a scoprire e a comprendere l’arte poi chiamata Reiki.
Per Usui lo scopo principale del Reiki non era solo la guarigione delle malattie, quanto piuttosto il rafforzamento di tutti i talenti naturali disponibili, l’equilibrio dello spirito, la salute del corpo e conseguentemente il raggiungimento dell’autorealizzazione.
Nel 1914 divenne un monaco laico Tendai detto zaike; questo gli permise di vivere a casa propria, in contatto con i suoi famigliari. Un giorno si recò sul monte Kurama per ritirarsi nella meditazione e digiunò per 21 giorni, al termine dei quali percepì in sé la grande energia Reiki. Innanzitutto usò Reiki su se stesso e dopo lo sperimentò sulla sua famiglia. Avendo riscontrato un buon effetto sui più svariati malanni decise di condividerlo anche con altre persone.
Per far conoscere il Reiki e per renderlo accessibile al pubblico, aprì una clinica a Harajuku, Aoyama, Tokyo nel 1922. Condusse molti seminari ed effettuò innumerevoli sedute di Reiki. Nello stesso anno, ad aprile, fondò anche l’Usui Reiki Ryoho Gakkai (Organizzazione del Metodo Reiki di Usui) di cui divenne il primo presidente. Moltissime persone si recarono da lui e facevano la fila anche davanti alla sua abitazione per poter essere curate. Nel settembre del 1923 il devastante terremoto di Kanto sconvolse Tokyo. Migliaia furono i morti, i feriti e gli ammalati. Il dr. Usui, con il cuore colmo di dolore, cominciò a curare in tutta la città le numerose vittime del disastro. Ben presto la sua clinica divenne troppo piccola cosicché, nel febbraio del 1925, si trasferì fuori città, a Nakano, dove edificò una clinica nuova. La sua fama si propagò presto in tutto il Giappone e venne invitato in numerose città. Ricevette per i suoi grandi meriti lonorificenza governativa Kun San To. Durante il suo soggiorno a Fukuyama si ammalò e morì all’età di 61 anni, al terzo ictus, il 9 marzo 1926.

Di: Monica Di Nunzio
tratto da: www.reiki.info/Storia-Reiki

Reiki Energia di Luce e di Amore

Reiki, termine giapponese formato da due parole: Rei (conoscenza suprema, coscienza spirituale) e Ki (energia vitale). Insieme rappresentano Energia vitale spiritualmente guidata. Graficamente, nello stile calligrafico, somiglia ad un capolavoro disegnato da esperti colpi di pennello.
Reiki è compimento consapevole di Energia Universale, una forma di “guarigione” spirituale incanalata dal “Reiker” al servizio dell’essere umano.
Reiki aiuta ad armonizzare il corpo, la mente, lo spirito di chiunque voglia esserne fruitore. Può essere usato per ridurre stress, dolori di testa, di stomaco, di schiena, problemi respiratori, stati d’ansia e molto più…
Un trattamento può durare da pochi minuti a più di un’ora, senza comprimere né stressare il corpo in alcun modo. E’ adatto a tutti e a tutte le età; imparare un autotrattamento, poi, è facile ed efficace! Tutti possono imparare Reiki, un modo di guarigione gentile ed armonico, che non ha alcuna pretesa di sostiture l’efficacia medica né, tantomeno, di denigrarla, ma offre umilmente una illimitata applicazione esente da ogni controindicazione! Reiki è un metodo di effettiva guarigione… L’espansione della cominicazione globale e la crescente consapevolezza che tutti nel mondo possono e debbono cooperare per la sopravvivenza del nostro pianeta, stanno radicalmente cambiando il nostro atteggiamento. La legittima speranza in un futuro concretamente più sicuro, incoraggia l’umanità ad operare positivamente per rendere il nostro pianeta pacificato. Una parte di questo processo è costituita anche dal superamento di atteggiamenti mentali limitanti, sostituendoli con nuove “verità”. E’ il modo più genuino per liberare l’uomo e renderlo in grado di costruire un mondo migliore.
Qualcosa di simile si riscontra nel mondo del Reiki.
Frank Arjava Petter (primo europeo a conseguire il grado di maestro nel 1993) e la sua consorte giapponese Chetna Kobayashi (insegnante tutt’oggi al suo fianco in conferenze e seminari in tutto il mondo) hanno riscoperto importanti informazioni sull’origine e la pratica del Reiki in Giappone.
Grazie a loro, la versione Reiki originariamente pensata per l’occidente viene messa in discussione, nonostante l’opposizione di chi voleva trarre vantaggio dal mantenimento dello status quo.
Reiki non è tradizione orale: il padre fondatore, Dr. Mikao Usui Sensei, ha redatto un manoscritto che ha distribuito a tutti i suoi discepoli.

 Autrice: Monica Di Nunzio

La cintura nei sogni

Certo che quando Afrodite si presentò di fronte a Paride con indosso la sua cintura d’oro, Era e Atena non se l’aspettavano e si sentirono subito spiazzate, rimanendoci molto male e disarmate…
Le dee non avevano previsto che quella acchiappa maschi di Afrodite, nonostante la sua avvenenza, si avvalesse anche di simili espedienti per apparire agli occhi del principe troiano ancora più sexy, e gli uomini si sa come sono fatti….
Le cinture infatti, per noi donne, possono essere utilizzate, come trucchetti per nascondere rotolini di grasso inopportuni e fastidiosi per l’immagine che si ha, secondo la bellezza canonica del momento.
Comunque, per vincere la gara tra loro ed essere scelte dal nobile giovane, hai voglia a promettergli poteri immensi come fece Era, oppure vincere qualsiasi battaglia ed essere un grande stratega come si impegnò a fare Atena, perché, quando Afrodite, dea della bellezza gli promise l’amore di Elena, la donna più bella del mondo, gli ormoni di Paride impazzirono, e dopo un giro caotico, gli esplosero nel cervello e gli uscirono dalle orecchie. È inutile dire a chi lui indirizzò la sua scelta, scatenando il primo casus belli che la storia ricordi: la guerra tra Greci e Troiani.
Ma torniamo all’importanza che la cintura ha nel suo significato.
Come Esiodo e anche Omero sostenevano, la cintura di Venere era ritenuta contenere ogni sorta di fascino e la descrivevano come un talismano divino che conferiva alla donna una potenza irresistibile. Un simbolo dunque di sorgente di tutte le grazie.
Perciò, il simbolismo della cintura è legato anche a quello della fecondità, e una prima testimonianza di questo tipo di interpretazione ci è data dallo Pseudo Dionigi l’Aeropagita, teologo e filosofo del V secolo che descrive come le intelligenze celesti indossino un abito e una cintura, da intendere simbolicamente: “le cinture significano cura con cui conservano i propri poteri genetici; il potere che hanno di raccogliersi e di unificare i propri poteri mentali ritirandosi in se stesse e ripiegandosi armoniosamente su di sé nel cerchio indefettibile della propria identità” (PSEO, 240). 

Un’interpretazione simbolica rivolta al DNA?

L’etimologia della parola essere “in cinta” indirizzata alle donne in stato interessante, non potrebbe nascere in primis dalla cintura di Afrodite sinonimo di grande fascino, potenza irresistibile e dunque anche di fecondità e conseguentemente trasmissione genetica? E il cordone ombellicale, è anch’esso una cintura che lega la madre con il figlio.
Nel suo significato, la cintura è anche attaccamento, devozione e fedeltà, tanto da essere inserita in molti scudetti, bandiere e immagini araldiche e ben si accorda con il valore simbolico di unione fedele, di appartenenza e di identificazione familiare, con una persona, un insieme e una funzione privilegiata.
Il gesto di togliere la cintura come si usa fare ai prigionieri di guerra, militari ma anche civili, significa spezzare un legame, rompere cioè l’attaccamento a un’appartenenza, isolare e disconoscere. Lasciare a un prigioniero la cintura, significa permettergli di morire per strangolamento o per impiccagione dandogli la possibilità di una morte onorevole. Deporre la cintura, per un magistrato o un ufficiale, significa abbandonare le insegne della propria carriera e cessarne, con questo atto, l’esercizio.
Nella tradizione cristiana, la cintura è segno di protezione, di continenza e di castità, utilizzata principalmente dagli eremiti e dai reclusi per sottolinearne la valenza. Mettere a una donna la cintura di castità significava, nel medioevo, impedirle ogni possibilità materiale di infedeltà o atto impuro.

Sognare di comprare una cintura molto bella.

Stefania scrive: ho sognato di comprare una cintura molto bella e mentre la indossavo la mia immagine acquisiva un aspetto luminoso, mi sentivo molto sicura, potevo fare qualsiasi cosa senza la paura di sbagliare e per questo di essere criticata. 

Risposta: probabilmente il rapporto sentimentale che hai in questo momento, non è appagante come lo vorresti, tanto che, hai paura di sbagliare e per questo essere criticata e di conseguenza respinta. Comprala veramente una bella cintura da indossare e rendila magica, in modo che possa trasmetterti la stessa sensazione che hai provato nel tuo sogno.
La Cabala abbina il numero 8 alla cintura. 

Sognare di slacciarsi una cintura.

Giacomo scrive: sono un separato ridotto economicamente all’osso. Non riesco a rifarmi una vita sentimentale perché la mia ex in un modo o in un altro non mi lascia in pace. Alcune notti fa ho sognato di slacciarmi una cintura talmente stretta da lasciarmi dei segni rossi sulla pelle. Ho provato un profondo senso di liberazione tanto che mi sono svegliato e sono corso in bagno, altrimenti avrei bagnato il letto.

Risposta: che dire? Se leggi l’articolo ti rispondi da solo. Quello che stai vivendo è un legame talmente stretto e doloroso da portarne i segni addosso. Il desiderio non si limita solo a quello della liberazione, che è l’atto di slacciarsi la cintura, ma anche a quello di purificarti da questo rapporto attraverso la minzione.
La Cabala abbina il numero 90 all’afflizione sentimentale.

Autrice: Manuela Mariani

Il colpo di fulmine

Camilian Demetrescu – Hierofanie. Matrimonio tra il Sole e la Luna, arazzo

Eros, dio dell’amore, era rappresentato solitamente come un fanciullo alato e bendato, a indicare che l’amore è cieco. Armato di arco d’oro e di faretra, le sue frecce erano di due qualità: acuminate e dotare per incutere la passione e l’innamoramento, spuntate e di piombo per incutere la repulsione e il rifiuto dell’amore. Pertanto, tutti quelli che erano trafitti dalle frecce di piombo cadevano vittime delle pene d’amore perché non ricambiati, mentre quelli colpiti dalle frecce dorate erano immediatamente travolti in un mondo incantato, folgorati da un colpo di fulmine.
Il colpo di fulmine è un fenomeno magico e incontenibile, un terremoto neurobiologico, uno  tsunami di emozioni, che provoca sintomi e reazioni incontrollabili quali ritmo cardiaco accelerato, palpitazioni, aumento della tensione arteriosa, attenzione focalizzata su una sola persona, arrossimento per la dilatazione dei vasi sanguinei, pelle d’oca, vampate di calore e sudorazione.
Il colpo di fulmine è devastante!
Perché è così sconvolgente? Cosa succede dopo essere stati “trafitti” dalla freccia d’oro di Eros? I corpi si elettrizzano e si rinchiudono in una bolla fatata (prodotta dallo sguardo e dalla passione) che trasforma il nostro sentire e il nostro vedere la vita di sempre; il vecchio mondo non esiste più, si ha la sensazione di camminare su nuvole soffici e rosa, ci si sente sostenuti e amati e si vive in uno stato di grazia.
Quale fatto straordinario avviene in noi? I neurotrasmettitori fuoriescono e invadono tutto il nostro intero corpo. La dopamina, ingrediente potente e indispensabile per innestare le emozioni, straripa come un fiume in piena, e gli odori esplodono oltre si sensi, liberando molecole che, azionandosi, salgono fino al naso, entrano in contatto con i neuroni che inviano un’informazione immediata al cervello, scatenando emozioni e ricordi fissando per sempre un’immagine collegata a quel preciso odore.
Quando siamo colpiti da Eros con la sua freccia dorata, tutto  è bello e meraviglioso, siamo catturati e felicemente prigionieri della maga Calipso nella sua incantata “isola di Ogigia” e viviamo in una favola magica e senza tempo.

E se, invece, è la freccia di piombo a trafiggere il cuore, producento in noi o nel partner rifiuto, se non addirittura repulsione?

Tratto dal libro “Amori senza tempo – Costellazioni Familiari, Mitologia e Sistema di Convinzioni” di Manuela Mariani – Anima Edizioni

 

autrice: Manuela Mariani

I denti nei sogni

Nella bocca, la dentatura sembra formare una corona di perle: i denti, tutti in riga, stretti l’uno accanto all’altro, dietro le labbra, somigliano a guardiani della soglia di un tempio. La bocca, in effetti, rappresenta un atrio cavernoso che introduce nel corpo, e le labbra, le sue porte d’accesso. I denti di fronte alla lingua (gli incisivi) rappresentano uno scudo posto a guardia davanti all’entrata e i miti confermano questa immagine. Due racconti della mitologia greca affidano ai denti il ruolo di semi, nati dai denti di un drago, dai quali germina un’armata di guerrieri che dovrà essere vinta dall’eroe del racconto: parliamo dei miti di Giasone e di Cadmo.Giasone, figlio del re Esone, è mandato da suo zio Pelia, usurpatore al trono, alla ricerca del Vello d’Oro, un’impresa difficilissima da superare. Il vello d’oro era la pelliccia di un ariete di proprietà del loro popolo, ma da tempo era stato portato altrove, nella lontanissima Colchide. Giasone mette in piedi una nave straordinaria e la chiama Argo, poi raduna i migliori eroi e semidei dell’epoca, e insieme partono per la missione impossibile. Tra i cinquanta prodi imbarcati, sono presenti Eracle, Ila, Orfeo, la vergine Atalanta, Peleo, Laerte, e i divini dioscuri Castore e Polluce. Mi scuso per gli altri non menzionati, ma dato il loro numero eccessivo non mi è possibile nominarli tutti. Questi ardimentosi eroi saranno ricordati nella storia come “gli Argonauti”.Dopo numerose avventure, arrivano nella Colchide, governata dal re Eeta che non ha nessuna intenzione di cedere il vello a Giasone. Eeta ha una figlia, Medea, che è anche una potente maga; Medea si innamora perdutamente di Giasone e decide di aiutarlo nell’impresa avvalendosi della sua magia, in cambio Giasone le giura amore eterno promettendole di sposarla, una volta tornati in patria.Il vello era situato all’interno di un giardino, su un albero di quercia, ed era custodito da un drago sacro ad Ares (dio della guerra). Grazie agli incantesimi di Medea che addormentò il drago, Giasone lo uccide e dissemina i suoi denti in un campo precedentemente arato per l’occasione. Da questi denti nascono dei guerrieri armati fino ai “denti” e talmente feroci ed aggressivi che iniziano a combattersi tra loro fino a distruggersi. Giasone riesce a rubare il Vello d’Oro grazie all’aiuto di Medea, che manipola le forze in gioco in base ai poteri infernali. Il resto della storia non fa parte dell’argomento di nostro interesse, pertanto, riprenderemo il mito in un altro momento.Anche nel secondo caso Cadmo, fondatore della città di Tebe, deve affrontare un drago:
Venne in questa terra Cadmo di Tiro, per il quale la vitella dalle quattro zampe si lasciò spontaneamente al suolo avverando così l’oracolo destinato a compiersi la dove il decreto divino proclamava che Cadmo doveva stabilirsi nelle piane ricche di grano che dovevano essere la sua patria, e dove l’acqua del bel fiume si sparge per le terre di Dirce (…). C’era il micidiale serpente di Ares, tremendo guardiano, che custodiva i fiumi ondosi e le correnti con occhi instancabili. Cadmo, venuto per prendere acqua lustrale, lo uccise con un masso, colpendo la testa micidiale della fiera omicida con la piena possa del suo braccio, e grazie ai consigli della dea priva di madre (Atena) sparse i suoi denti al suolo, nella terra dai semi profondi; allora la terra mandò su una visione di uomini armati di tutto punto che torreggiavano fino agli estremi confini della regione. L’omicidio dal cuore di ferro li riunì nuovamente alla terra che li aveva generati (…) (638-673) Euripide.
Chi è il drago? Questo mostro è, per eccellenza, il guardiano del tesoro. Il suo corpo ha mille anelli di bronzo, ali fantastiche e la testa ha lo splendore dorato del metallo. La sua gola è armata da una triplice fila di denti, la lingua dardeggia tre aculei affilati e vibranti e gli occhi sono avvolti nel fuoco. Animale favoloso, esso custodisce al tempo stesso la terra, il cielo e gli inferi. Cadmo è vittorioso sul mostro, lo inchioda ad una quercia, albero verde e simbolo di fecondità, “strappa i denti al drago” consigliato da Pallade Atena, dea guerriera uscita dal cranio di Zeus con un casco d’oro in testa, e semina i denti nella terra perché siano la semente di un nuovo popolo illustre. È da questi semi che sorgono migliaia d’uomini armati, in mezzo ai quali, per ordine della dea, Cadmo getta una pietra. Credendosi attaccati gli uni dagli altri, i guerrieri si uccidono tra loro. Solo cinque escono indenni dalla carneficina che diventano con Cadmo, pietra angolare di Tebe.
Quando il simbolismo onirico ci rimanda immagini di denti che cadono o di denti cariati, bisogna sempre interrogarsi su quali paure costruiamo le nostre strutture più profonde; quando a livello psichico non controlliamo le paure e le preoccupazioni, i nostri scudi, si indeboliscono. I denti, in quanto strutture, hanno radici parentali profonde, pertanto, è importante che i nostri figli li ereditino in buona salute, cioè bianchi e splendenti: “Senza macchia e senza peccato”.
C’è un detto popolare che dice: “Denti, morte dei parenti”. Questa è un’espressione prettamente metaforica che evidenzia, in chi sogna, l’attaccamento eccessivo ai propri cari e sta a significare che, sia la lontananza che il distacco (può trattarsi di un lungo viaggio o anche di un trasferimento), si vivono come un abbandono oppure un lutto. Comunque, quest’idea, molto diffusa, ha origini antiche, infatti, Artemidoro di Daldi, scrittore e fisico greco vissuto nel II secolo a.C., attribuiva al simbolo della caduta dei denti una correlazione con la morte di un congiunto. Ai denti stessi attribuiva i gradi di parentela corrisposti: gli incisivi indicano i genitori, i canini e denti limitrofi fanno riferimento ai fratelli, i premolari e i molari a persone avanti con l’età.
Quando si sogna i denti che cadono, che sono strappati, che traballano, che sanguinano, o che fanno bella mostra di sé, desta sempre molta curiosità ma anche preoccupazione per chi li sogna. I denti hanno significati ambivalenti, infatti, grazie ai denti, possiamo masticare, mordere e triturare il cibo. Durante violenti litigi, gli animali, mostrano i denti per manifestare la loro aggressività ed impressionare in questo modo l’avversario. Anche l’essere umano si comporta, in certi casi, nello stesso modo per un involontario retaggio dell’istinto animale. Sono legati all’energia di Ares (Marte dio della guerra) pertanto, alla forza, all’aggressività, alla difesa, ma pure alla salute ed alla bellezza, alla giovinezza, al sex appeal (ricordiamoci che Ares era l’amate di Afrodite). Una bella bocca con denti perfetti disposta in un sorriso, è il primo segnale inviato in una relazione in cui ci sia interesse a farsi accettare e rendersi gradevoli.

Sognare di perdere i denti, è indice di carenza di energie psichiche, fisiche e sessuali, invece, sognare denti in crescita, può indicare nuovi impulsi, forza interiore, aggressività espressa. Quando invece si vedono spuntare nuovi denti, è indice di nuove forze che stanno già dando frutti interessanti.

Sognare di avere gli incisivi cariati.

Marina scrive:

Sono separata e mamma di un’adolescente che mi fa fatica a gestire. Negli ultimi tempi, mia figlia, simula malattie immaginarie per non andare a scuola. Sentendomi impotente, minaccio l’intervento del padre (con il quale mantengo un ottimo rapporto), stratagemma che finora ha funzionato perché di lui ha una certa soggezione. Un paio di notti fa, ho sognato di avere gli incisivi cariati. Mi sono preoccupata perché so che sognare i denti non è di buon auspicio. Dico bene?

Risposta:

Si tratta di un cambiamento di vita molto importante. Avere una figlia adolescente (età contraddittoria e contestatrice) ci ricorda che il nostro dominio sui figli non è più quello di una volta, quando la mamma aveva sempre ragione. Si ha l’impressione, pertanto, di perdere forza ed energia; nemmeno l’intervento del padre (il suo ex partner) può aiutarla a recuperare la fiducia in se stessa. Mostri i denti, si faccia coraggio, vivere il passaggio adolescenziale dei figli per i genitori è come un passaggio tra le “forche caudine”. Ricordiamoci quando anche noi eravamo nello stesso modo.
La smorfia associa i denti cariati al numero 30 e 35.

Sognare di perdere i denti davanti.

Sergio scrive:

Ho sognato di trovarmi in un ristorante con mia moglie e festeggiavamo il miei 60 anni, quando, nel masticare una fetta di torta, mi sono accorto che, mischiato nel bolo c’era un dente incisivo finito sotto i miei stessi denti. Ho i giorni contati forse?

Risposta:

Per carità, si rassicuri! Sia Freud che Jung, davano un significato di natura sessuale ai denti che cadono nei sogni. Il dente incisivo, è un dente molto importante sia per la posizione che occupa a livello estetico, sia per l’uso che se ne fa a livello pratico. In un certo senso, forse, il numero 60 le fa paura, ma questo non significa invecchiare e perdere potenza sessuale. Recuperi il suo smalto! Può continuare comunque a godere delle dolcezze della vita (mangiare una fetta di torta) senza sentirsi schiacciato dalle sue stesse paure (il dente masticato).
Secondo la smorfia, la perdita dei denti ha come numero corrispondente il 13.

autrice: Manuela Mariani

La Gabbia

Camilian Demetrescu

Il 21 giugno 2012 in occasione della commemorazione per la sua morte, l’artista lascia al mondo questa poesia come testamento.

Sta per iniziare il conto alla rovescia:
“Mors certa, sed hora incerta”.

Io e te, corpo e anima mia, dovremo lasciarci.

Ho vissuto nella tua gabbia di carne, sangue e vita
Dal grembo materno fino a quest’oggi-domani che scandisce ancora il mio tempo terreno.

Cella dei miei primi desideri pagani,
Nascondiglio dei dolci peccati della prima e dell’ultima infanzia,
Prigione dorata dall’oro dei sogni,
costellata da diamanti di luce e tenebra.
“Soma-Sema” del credo orfico,
Tomba e carcere perituro della mia anima eterna.

Mio corpo di carne,
Groviglio di cunicoli scavati con le unghie della mente
Per evadere dall’odio verso l’amore,
e dall’amore infelice verso l’oblio,
Fortezza segreta dei miei orgogli,
Torre dei miei slanci negli abissi del cielo e dell’inferno,
Covo di serpenti stanati dall’uovo del peccato originale,
Nicchia di incubi sigillati dalla paura,
Fossa di belve feroci, istinti scatenati dal ruggito della solitudine,
quando l’angoscia, come uccelli spaventati, si aggira
negli angoli più oscuri dell’essere.

Vulcano mai spento della voluttà di vivere,
Rogo delle viscere del piacere,
Altare dei profuni della gioia di amare ed essere amato,
Pozzo di nasconte ricchezze tramandate dal seme degli avi,
Scrigno stracolmo di ricordi e di rimorsi mai scordati,
Ipogeo dei sogni sepolti,
Rifugio sotterraneo dinanzi alle barbarie del mondo,
Muro di cinta con strette feritoie per cacciare il fratello-nemico,
Tavola rotonda delle crociate di tutti i giorni
contro il drago dell’assurdo e della noia.

In questa tana illuminata dalle luci oscure dei pregiudizi,
Fucina di ambiziose alchimie mentali,
ho cercato in vano le verità,
Finché, prima del tramonto, l’Arcangelo non apre le sbarre,
Entra nella gabbia e mette nell’orecchio del mio cuore
la pulce della Verità.

Il groviglio di serpenti, “Ovum Anguinum”
del peccato originale, si ribella,
La triplice alleanza-orgolio, ambizioni, vendetta-insorge,
La voluttà di vivere mostra il suo volto pagano,
Appesantite dal piombo dei desideri impuri
le ali dei sogni volano basso,
L’intelligenza litiga con se stessa.

Eppure, dallo squarcio di luce dell’Arcangelo sbuca
il minuscolo Uccello del Paradiso,
che nella “Hora incerta” traghetta le nostre anime
dalla gabbia, sul ramo celeste dell’Albero della Vita.

Mentre la vecchiaia, complice della morte,
sega lentamente, in silenzio, le sbarre,
Corroso dai minuscoli denti dell’orologio cosmico,
il mio corpo di carne si sfarina in polvere di stelle.

Ci lasceremo, mio fragile corpo insidiato da perfidi mali,
Eppure lenito sempre dalle dita della Dea Fortuna,
Miracolato dalle carezze della mia adorabile sposa
E dallo sguardo devoto dei miei splendidi figli.

Ti sono infinitamente grato per aver detto di si
al dono divino di generare la vita,
E ti ringrazio ancora per la gioia di vivere che mi hai dato
Pur nel disagio e nel tormento dell’angoscia di essere.

Ti ricorderò nella mia nuova vita astrale,
Con la nostalgia del tuo carcere terreno
In cui, nonostante tutto, ho vissuto felice,
incatenato ai miei amori, ai miei odi,
alle mie speranze e delusioni.

Che Dio ti benedica e abbia cura di te, quando alla fine dei tempi
squilleranno le trombe del giudizio.
Nella tua innocenza, sarò io a pagare per i miei peccati
e per il male che ti ho fatto,
Anche se, confesso sinceramente,
ti ho voluto sempre tanto bene.

Epilogo

Uomo, uomini, umanità – i primi e gli ultimi,
Siamo tutti chiusi dentro.
Anime prigioniere nella gabbia del corpo.
Veniamo dagli astri e torniamo fra gli astri.
Ma non è la morte l’unica via di salvezza.

Quando la mia anima incontra la tua, donna,
le gabbie si sfiorano, le sbarre saltano, il carcere si spalanca:
Abbracciati, siamo fuori, fra gli astri, liberi senza morire.
Amare, non è questa la Via, la Verità e la Vita? 

autore: Camilian Demetrescu

L’albero Faustino

C’era una volta un albero secolare bello, grande, con tantissimi rami pieni di foglie. Era nato in un bosco e aveva sempre vissuto lì in compagnia del resto della vegetazione  che era cresciuta con lui; insomma, conosceva vita, morte e  miracoli di quel posto.
I bambini, quando capitavano con le mamme per giocare, lo notavano subito e, per prima cosa lo abbracciavano e poi lo facevano diventare la tana dell’acchiapparella o il nascondino. Lui era tanto felice perché si sentiva amato e coccolato.
Ma un bel giorno accadde che il povero albero sentiva che la linfa vitale stava piano piano venendo meno: si stava invecchiando, però non era dispiaciuto per se stesso, ma per i bimbi che venivano e, forse un giorno, lo avarebbero trovato spoglio e rinsecchito.
Allora ebbe un’idea: “E se dico alle fogle più alte di gettare i semi perché mi riproduca quando non ci sarò più?”
L’albero che chiamerò Faustino, era molto sentimentale: pensate che piangeva sempre all’idea di non vedere più i bambini, il suo cuore soffriva e stava sempre con “le sue foglie” in un mondo suo, pieno di immaginazione e creatività.
A quella richiesta, la fogliolina più arguta e intelligente, però gli disse: “Ma che cosa vai dicendo, mio vecchio! Tu camperai altri cent’anni: ti sei fissato che devi morire come quella volta che ti piaceva tanto una quercetta tanto carina e te la sei lasciata scappare perché eri convinto che avesse un altro. Smettila di stare troppo per l’aria, quaggiù ci siamo noi. Pensa piuttosto alle tue radici e vedrai che vivrai molto meglio!”.
Faustino ascoltò per l’ennesima volta la ramanzina di Frondina di cui, peraltro, si fidava moltissimo perché spesso, lo aveva ripreso e lo aveva riportato alla realtà.
Come era strampalato Faustino! Però, allo stesso tempo, com’era affascinante, immerso sempre nei suoi sogni!
Frondina era la sua figlia maggiore, ordinata, precisa, razionale, completamente diversa da lui, ma che, nonostante tutto, amava alla follia e che stimava sperando, un giorno, di avvicinarsi a lei. E fu proprio Frondina che lo salvò dalla depressione a cui stava andando incontro: le sue parole erano servite per rinvigorirlo; cominciò a curarsi di più, ad accogliere i bambini a “tronco aperto”, senza però mai rinunciare a quei sogni a cui era tanto affezionato.
Aveva imparato, però (ci vollero anni!) ad amare le sue radici così come amava tutto il resto del suo essere, rami e foglie comprese!


autrice: Isabella Lacasella

Saturno, la castrazione del padre e il divenire dell’anima e del mondo

Quando un’anima si incarna non può subire l’inerzia di un potere costituito. Ciò che è stabilito in modo rigido viene bruscamente interrotto, il tempo finalmente si libera, la vita riprende il suo corso e l’anima evolve. Ogni volta che in un contesto astrologico si nomina Saturno, la reazione generale è quasi sempre negativa. A questo tipo di reazione spesso non sfugge neanche lo stesso astrologo, che tende anche lui, in modo più o meno velato, a demonizzare il passaggio di questo pianeta. E’ vero che risale fin dall’antichità la sua connotazione di pianeta “malefico”, insiere a Marte. Nella migliore delle ipotesi è designato come archetipo della “melanconia” e della senescenza, poche volte associato alla saggezza o indicato come iniziatore della mitica “Età dell’Oro”. Le prime osservazioni dei suoi passaggi celesti hanno sempre sottolineato la concomitanza sulla Terra di eventi infausti, da quelli naturali a quelli sociali. E’ vero che gli effetti del ciclo di Saturno sono facilmente osservabili da chiunque, perché non c’è dubbio che sottolinei spesso momenti importanti della vita di ognuno, ma non tutti si rendono conto che molto spesso le catastrofi che vengono associate a questo pianeta, non sempre sono da attribuirsi al medesimo, anzi non è raro che siano invece dovuti ai contemporanei passaggi di altri pianeti lenti, come Urano, Nettuno o Plutone che sono assai più drastici e incisivi nel segnare momenti di cambiamento, a volte di vero e proprio stravolgimento, al corso della nostra vita. E’ tuttavia altrettanto vero che il transito di Saturno segna la tappa di un momento critico, una frattura, che ci costringe a scegliere, a discriminare, a “metterci in riga”, laddove eravamo diventati troppo indulgenti e approssimativi con noi stessi. Il suo transito si manifesta, non a caso, dopo periodi più o meno lunghi di “ipnosi”, di “sonno”, in cui abbiamo perso la reale consistenza della realtà e siamo disancorati dalla nostra vita, permettendo ad una situazioni di trascinarci comodamente alla deriva, senza più essere efficaci e padroni della direzione da prendere, dimenticando i nostri valori e barattandoli con un po’ di sicurezza in più, per il cosiddetto “quieto vivere”. Più siamo fuori strada e abbiamo perso l’orientamento rispetto al nostro progetto individuale (la posizione del Sole per segno e per casa nel nostro Tema natale), più il transito ci sembrerà arduo. Pochi riescono a sottolineare quanto lo stesso transito, per chi è “in linea” con il progetto animico, porti al contrario frutti sontuosi: avanzamenti di carriera, salti “quantici” dovuti a ciò che si è seminato tempo addietro, che finalmente comincia a prendere una forma visibile e diventa realtà, grande impegno e lunghi studi che si concretizzano in un risultato costruito passo dopo passo nel tempo. Saturno è il “Grande Architetto” dello zodiaco, e quello che viene costruito sotto la sua egida, non solo ha basi solide e sicure, ma, aspetto non meno importante, ha lunga vita. La mitologia come sempre è illuminante: Crono-Saturno, figlio di Urano e di Gaia, il Cielo e la Terra primordiali, costretto, insieme agli altri suoi fratelli Titani, a rimanere intrappolato nelle viscere della Terra stessa per volontà del padre Urano, che teme di essere da loro detronizzato, ubbidisce ciecamente alla madre Gaia, che lo fornisce di un falcetto affilato. Con un solo unico atto violento, egli non esita ad evirare il padre, durante uno dei suoi continui accoppiamenti con Gaia. Quindi si getta alle spalle (la schiena è proprio una simbologia di Salturno) il membro virile paterno, che precipita tra i flutti. Alcune gocce di sangue dell’organo amputato si riversano sulla Terra creando Eris, la Discordia, personificate dalle Erinni, creature vendicative ed impietose, ed Eros, l’Amore, personificato dalla dea Afrodite, simbolo di attrazione e di unione. Eris ed Eros, Discordia e Amore, nascono quindi dalla castrazione di Urano da parte di Crono, da colui che con un solo atto ha aperto lo spazio e sbloccato il tempo. Crono segna una tappa fondamentale nella evoluzione del Cosmo: separando Cielo e Terra crea uno spazio libero dove le creature possono riprodursi a loro volta. D’ora in poi tutto quello che verrà generato, avrà modo di vivere e di respirare. Non solo lo spazio si è aperto, ma anche il tempo si è trasformato. Le creature racchiuse nel grembo di Gaia, ora venute alla luce, possono procreare dando vita a generazioni successive. Da questo momento si alternano luce e buio, il ciclo infinito del divenire può iniziare. L’atto cruento sconvolge l’ordine cosmico. Particolarmente significativo è l’atto di ribellione al padre e il gettarsi  alle spalle la sua capacità generatrice e l’atto di ubbidienza  alla madre, energia femminile che concorre ad un atto di liberazione collettiva. Non a caso il segno del Capricorno  e la Casa Decima, dominio di Saturno, rappresentano proprio quello che riusciamo a realizzare proprio in seguito al distacco delle nostre radici, della Casa del padre, la Casa Quarta, nell’opposto segno del Cancro. Vediamo come l’intervento di questo pianeta rappresenti un momento di demarcazione netta tra un “prima” e un “dopo”. Lo “status quo” viene interrotto in maniera drastica, brutale e dolorosa, ma necessaria. Saturno incarna, infatti, nella tradizione astrologica, la necessità e il dovere, tutto ciò che deve essere fatto, il limite che deve essere accettato come inevitabile. In seguito a questo atto necessario e doveroso, si apre un’evoluzione, si mette in movimento tutta l’umanità, che compie un balzo in avanti. E’ proprio a questo punto che Saturno diventa saggezza, insegnamento e quieto distacco, tesoro inestimabile e prezioso, chiave di accesso alla “conoscenza”, raggiungimento di un livello superiore di consapevolezza. Crono in quanto portatore del dualismo, del giorno e della notte, di Eris e di Eros, di discordia e di amore, del divenire e della caducità dell’essere, ci permette, tramite la sua azione discriminante, di creare eventi che ci indicano la via dell’integrazione e dell’unità. Noi, suoi diretti figli, a lui dobbiamo il riconoscimento del coraggio di aver rotto un sistema monolitico e represso, e di avere aperto la via del divenire e della storia, essendo rappresentante “ante litteram” del figlio che, nell’atto di ribellione al padre, all’autorità costituita, permette l’avvento di un’era futura che si distacca caparbiamente dalle proprie radici per dare vita ad un mondo nuovo. Egli dunque libera lo stesso Urano, (simbolo dell’Era dell’Acqurio) che, non più coercitivo e soffocante nei confronti delle sue stesse creature, può esprimersi al meglio, tramite le sue qualità positive di ariosità, di apertura al progresso, di creatività e di accettazione dell’altro, in sintonia con i princìpi dell’amore universale che egli stesso incarna generando Afrodite, simbolo per eccellenza di piacere, di unificazione e di armonia.

autrice: Eva Giacomelli