Quando ero piccola, avevo l’abitudine, forse come tutti i bambini, di convertire tutte le cose in nuclei familiari. A ogni cosa, a cominciare dalle molliche di pane che rimanevano sparse sulla tovaglia dopo aver mangiato, dalla più grande alla più piccola davo loro un ruolo: c’erano il padre, la madre, i figli, che erano disposti per ordine di grandezza, e tutte le altre rimanenti molliche rappresentavano dei parenti che venivano a fare loro visita. Quello che però catturava il mio interesse erano le gocce di pioggia che cadevano rumorose sui vetri delle finestre, quando fuori imperversava il temporale. M’incantavo a osservare i rivoli d’acqua che lasciavano le gocce sbattendo sui vetri; dal loro scrosciare si creavano percorsi che s’incrociavano con quelli di altre gocce e che poi, a loro volta, si perdevano schizzando via al proprio destino. Le gocce che cadevano erano destinate, come le precedenti, a ripercorrere lo stesso tracciato stabilito dalle prime, per perdersi anch’esse nel vuoto come quelle passate, così come avrebbero fatto tutte le altre che scorrendo via avrebbero dato seguito ai loro tracciati. Il vetro della finestra si bagnava velocemente di schizzi e rigagnoli dove io, forse preda della noia, mi divertivo a scommettere tra me e me, se questa volta una particolare goccia avrebbe potuto indirizzare altrove la sua caduta. Come una dea dai grandi poteri magici allora, creavo con il dito linee e tratti sul vetro, pensando di poter cambiare la loro sorte. Quella finestra diventava così la base dove si dispiegava una rete di vicende intrecciate tra loro, teatro di tante miserie, drammi e tragedie create da quelle piccole gocce che magari avrebbero voluto cadere in un altro luogo. Non ho mai raccontato a nessuno questa storia, ritenendola molto stupida, ma, dopo aver conosciuto le Costellazioni Familiari di Bert Hellinger[1], mi sono resa conto che forse tanto stupida non è.
Autrice: Manuela Mariani
[1] Ideatore delle Costellazioni Familiari.