Al solstizio d’estate, quando il sole raggiunge la sua massima declinazione positiva rispetto all’equatore celeste, comincia l’estate. Il 24 giugno il sole che ha appena superato il punto solstiziale, comincia a decrescere sull’orizzonte. Si inizia il semestre del sole discendente che si concluderà con il solstizio d’inverno.
Questo periodo fra il 19 e il 25 giugno, era considerato nelle tradizioni precristiane un tempo sacro, ancora oggi celebrato dalla religiosità popolare con la festa che cade il 24 giugno quando si ricorda la Natività di San Giovanni Battista.
Nella religione greca antica, i due solstizi erano chiamati “porte”: “porta degli dei” l’invernale e “porta degli uomini” l’estivo.
Il Battista sarebbe Colui che introduce gli esseri nella “Caverna Cosmica”. Per questo motivo le usanze connesse alla sua festa hanno la funzione di proteggere il creato: come i falò che si accendono sulla cima delle colline e le processioni per i campi con le torce accese.
Questi fuochi, simbolo del sole solstiziale, scacciano demoni e streghe e prevengono le malattie. Si è anche affermato che i falò, siano cerimonie magiche per sostenere il sole che sta impercettibilmente declinando, essendo il fuoco della stessa sostanza dell’astro.
Si narra che nella notte della vigilia, è possibile vedere nel cielo sciami di streghe che volano verso Benevento per la riunione planetaria annuale intorno al mitico albero di noce, in realtà sradicato fin dal medioevo.
Si dice anche, che durante il viaggio, le streghe possono introdursi nelle case della gente e portare la malasorte. È per questo motivo che durante la notte si usa mettere sale grosso sui davanzali delle finestre. La strega, curiosa di conoscere il numero dei chicchi di sale, si mette a contarli perdendo così il tempo necessario per i suoi loschi intenti finché l’alba non la sorprende costringendola a fuggire via.
La notte di San Giovanni, cade nel segno del Cancro, domicilio della Luna, al cui inizio cade il solstizio. La relazione della Luna con le acque, è nota e rappresenta il mondo della formazione o l’ambito dell’elaborazione delle forme nello stato sottile, punto di partenza dell’esistenza nel mondo individuale, ovvero nella caverna cosmica. D’altra parte, tutto ciò che è connesso alla generazione e alla fruttificazione subisce in questa notte un influsso positivo.
La notte di San Giovanni, è proprio una notte magica. Le così dette Erbe di San Giovanni, sono un utile ausilio a far sì che le cose accadano e anche per ottenere presagi per il futuro.
Le Erbe sono nove: l’Iperico, la Ruta, il Trifoglio, l’Elicriso, la Verbena, il Mirto, la Pratolina, la Valeriana, e lo Stramonio.
L’Iperico era chiamata dagli antichi, l’erba contro i diavoli. Fra gli infiniti rimedi magici collezionati dai medici del medioevo, c’era anche questa pianta , usata per creare amuleti capaci di allontanare gli spiriti maligni. A questo scopo la pianta veniva appesa fuori dalle case e portate addosso oppure appesi a capo del letto per assicurare sonno sereno. Per tutte queste prerogative attribuitegli, l’iperico meritò il nome di “scaccia diavoli”. Fu usato anche terapeuticamente non tanto forse per cacciare i demoni “in corpo” ma per contenere in qualche modo gli ipocondriaci, diventati maniaci al punto di apparire posseduti dal demonio. In effetti si sostiene che la pianta sia un efficace rimedio contro le depressioni endogene e psicogene proprio in virtù dell’azione stimolante o quasi eccitante del suo principio attivo contenuto sia nei fiori che nelle foglie.
La Ruta, erba da esorcismi invece, le fu attribuito lo straordinario potere di inibire la germinazione dei semi e di impedire la procreazione delle atre piante, dando così inizio a tutta una serie di convinzioni intorno ai poteri più o meno magici della pianta. La forma a croce del fiore di ruta, manifestazione di divinità, aveva valore come esorcismo attivo contro gli spiriti malefici. Nel medioevo costituiva un potente talismano contro la stregoneria, le sue foglie secche si portavano dentro un sacchetto posato sul petto.
Anche al Trifoglio si è voluto dare un significato mistico. Il trifoglio fu venerato come pianta sacra e magica e diventò un dono apprezzato dagli innamorati e di conseguenza, un amuleto. Ispira pensieri elevati e porta fortuna; se qualcuno ne trova uno a quattro foglie, tutti i suoi desideri saranno realizzati.
L’Elicriso, anche detto “l’Erba del Sole”, è una denominazione introdotta agli inizi del ‘700 per il suo colore dorato. L’etimologia greca di elicriso è infatti, un palese richiamo alle parole oro e sole. Dopo aver lasciato essiccare un mazzetto di elicriso per tutto l’anno, se si brucia in un falò durante la notte di San Giovanni, presto si incontrerà l’anima gemella.
Fin dai tempi dei romani, si attribuiva alla Verbena, meravigliose virtù conciliatrici d’amore e di benevolenza fino al punto di considerarla idonea a far parte dei migliori “filtri d’amore” e di immortalarla come fece Virgilio con l’appellativo “Herba Venis”.
Era anche considerata simbolo della pace, del benessere e del buon auspicio, tanto che gli ambasciatori romani, si presentavano con un ramo di verbena in segno di pace. Per questa ragione erano chiamati anche “Verbenarii”.
Questa antica concezione sulle virtù della verbena, si conservò attraverso i secoli nella cultura popolare , cosicché la pianta godette, specialmente nel medioevo, di vasta popolarità come rimedio simbolico capace di tenere lontano ogni male. La pianta quindi era adatta a “conciliare l’amore”, perché faceva scomparire le forze avverse che si opponevano agli amanti o addirittura adatta anche a guarire le ferite perché congiungeva ciò che una forza avversa aveva disgregato. <
Il Mirto è la pianta sacra a Venere e molto favorevole agli innamorati. Alcune foglie tenute in tasca, costituiscono un portafortuna e servono per riappacificare gli amanti che hanno bisticciato. Tenendo stretto un rametto di mirto quando cala la Luna, si dissipano i dubbi, ma solo quelli d’amore.
La Pratolina è una di quelle piante che gli astrologi ritengono sia sotto l’influsso di Venere. Per questo motivo è stata prescelta per l’oracolo d’amore consultato dagli innamorati dubbiosi che ne strappano i petali ponendo la domanda “m’ama o non m’ama?”. I fiori sono amuleti per chi è puro di cuore. Gli zingari affermano che se una ragazza durante la notte del 24 giugno mette sotto il guanciale radici di margheritine, farà bei sogni e l’infedele amato ritornerà da lei.
Per quanto riguarda la Valeriana, nel medioevo se ne confezionavano filtri d’amore poiché si credeva che questa pianta suscitasse l’amore in tutte le sue forme. Per questo motivo veniva usato come afrosidiaco.
In ultimo lo Stramonio, erba altamente magica e molto ricercata dai maghi per fare lavori sugli incantesimi d’amore. Le sue foglie, legate a mazzetti con una cordicella a sette nodi, messe davanti all’ingresso delle abitazioni, preservano dagli spiriti maligni. La cordicella a sette nodi, è un emblema del cristianesimo primitivo e significa che lo Spirito Santo elargisce sette doni ai fedeli: saggezza, discernimento, amore, gloria, benedizione, forza e beatitudine.
La pianta ebbe la sua parte anche nella mitologia classica come veleno usato da Medea per inebriare e narcotizzare Pélia, re di Jolco in Tessaglia e favorire così il suo amato Giasone (famoso eroe alla conquista del vello d’oro).
Dice un proverbio toscano: “San Giovanni non vuole inganni”. Il santo, secondo la leggenda era inflessibile con chi tradiva la fiducia degli altri. Perciò attenzione con la magia!
autrice: Manuela Mariani