L’ANELLO DI OPALE

“Siate misericordiosi, come è misericordioso il Padre vostro”,  dice il Signore.

               Antifona alla Comunione

Vedo un grosso anello infilato nell’indice della mia mano di uomo grassa e tozza; è di colore verde. E’ un anello importante. Lo indosso sull’indice quando insegno, sul medio quando curo e sull’anulare quando sono con la mia famiglia. Nella pietra è inciso lo stemma della nostra casata che uso per sigillare le mie missive.

Indosso  abiti di broccato molto ricchi e comodi e ai piedi porto  scarpe felpate e morbide. Mi trovo nella mia casa elegante e grande, arredata con mobili di qualità. Sono un rabbino di 60 anni, insegno e , pur sposato, la mia famiglia e i miei figli non sono la mia priorità. L’importante per me è l’insegnamento e la scoperta di come è fatto il mondo intorno a noi e di come si possano cambiare le cose attraverso le scritture. Mi dedico all’alchimia, alle frasi della Torah e le metto in pratica come farebbe uno scienziato per vedere cosa succede. Faccio degli esperimenti, anche sulle persone, ma non sui morti. Metto negli indumenti intimi dei miei pazienti alcune preghiere scritte da me che servono per la guarigione e gliele faccio portare per alcuni giorni, oppure una lettera sacra dell’alfabeto per tirarli fuori dal male. Sono delle frasi di Dio e gliele faccio pronunciare per più giorni perché queste vibrazioni divine puliscano il campo intorno a loro. La preghiera che portano indosso serve a mondare il loro corpo affinché quello che esce dalla loro bocca non inquini il campo. Faccio bere ai malati dell’acqua mischiata ad altra acqua carica di queste preghiere perché possa risanare i loro organi interni. Sono le lettere sacre con le quali Dio ha creato il mondo, e io le uso per le mie ricette perché sono anche medico. La gente che non è della mia religione condanna il mio operato, perché secondo loro vado contro la volontà del loro dio. Però mi lasciano stare perché mi temono, anche se non so perché: se per superstizione o per ipocrisia, visto che di notte, protetti dalle tenebre, mi vengono a chiamare per guarire i loro mali oscuri fatti di interessi, falsità e parole velenose. Seguendo  a vivere nelle propria ipocrisia, alcuni guariscono, altri no poiché continuano a pronunciare parole al veleno. Veleno che non sanno dosare, rimanendo loro stessi vittime di ciò che producono fino all’agonia nell’ultimo respiro, oppure gettandolo addosso agli altri sotto forma di guerre, violenze e infamità, delle quali rimangono poi loro stessi vittime. Tutti nella stessa condizione perversa, dal più potente al più umile. Persino la parola di dio viene oltraggiata. La inghiottono e la risputano fuori come fa un drago quando si deve liberare dalla fiamma che lo divora in seno.

L’insegnamento è l’unico strumento che ho per istruire altri medici che possano diffondere e portare avanti la parola di dio; medici che possano guarire e che possano un giorno superarmi nelle scoperte, nelle guarigioni, affinché questa gente così crudele, di qualsiasi religione, classe o età possa prendere coscienza di se stessi e dell’altro,  vivendo e facendo vivere tutti in un mondo migliore. Sono un vecchio stimato, temuto, rispettato e ben pagato e questa è la mia esistenza. Una vita non tanto facile perché essendo ebrei ci accusano di tutto. Esplode un’epidemia? E’ colpa degli ebrei. Divampa un incendio? E’ colpa degli ebrei. Scoppia una guerra? E’ colpa degli ebrei.

Finché un giorno siamo obbligati a lasciare la nazione in cui viviamo e la gente come me deve andare via. Siamo in Spagna e gli spagnoli non ci vogliono, costringendoci ad espatriare oppure a diventare della loro religione cioè marrani. Ma io mi rifiuto di farlo.

Stiamo caricando i carri e ci accingiamo a partire. Noi siamo di famiglia ricca e sappiamo come difenderci; possediamo una scorta armata, quasi un piccolo esercito al nostro servizio; ma gli altri? Gli altri sono esposti a tutto. Li deruberanno, e chi è fortunato potrà portare in salvo la propria vita. Siamo nelle mani di Dio. Andiamo dove altre terre ci possano ospitare, portando con noi del denaro per comprare anime avide, pronte a vendersi per qualche soldo, a rinunciare a perseguitarci. La gente ricca, i banchieri ovunque sovvenzionano le guerre cristiane per i loro interessi, creando fame, carestie, pestilenze, miseria e poi continueranno a venire da me pretendendo una preghiera o parole magiche che possano salvarli. E questo è sempre stato, così è, così sempre sarà.

Andiamo in Francia, una terra più vicina. Il re di Francia è disposto ad accogliermi insieme alla mia famiglia. Ha un figlio malaticcio e un medico costantemente presente lo rassicura.

Finisco lì la mia vecchiaia. A curare il figlio del re, a sostenere questo ragazzino fragile che, nemmeno nato, già ha sulle spalle il peso di un regno traballante. Divento il suo maestro, il suo mentore e padre spirituale e voglio fare di lui un uomo saggio. Queste sono le mie intenzioni. Per il resto siamo tutti nelle mani di Dio.

Faccio anche gli oroscopi, mi occupo delle stelle, dei transiti, dei movimenti degli astri e ne conosco i nomi. Gli astri mi parlano attraverso i loro spostamenti, da un’ora all’altra, da un giorno all’altro, da una settimana all’altra e da un mese all’altro; sono come dei capitoli di un libro che raccontano eventi, storie, nascite e morti. E così trascrivo sul libro il movimento delle stelle che influenza la natura e gli uomini con lei. Già conosco come andrà a finire, chi vivrà e chi morirà, ma non lo svelo, lo tengo per me, fa parte della mia ricerca. Il regno di Francia è un regno che barcolla e nessuno si sente al sicuro. Lo stesso re va in cerca di soldi. Si indebita sempre di più, senza restituire niente a nessuno come un predatore, seminando solo promesse che non verranno mai mantenute e lasciando dietro di se delusioni, cospirazioni, vendette, violenze. Nascondo il mio sapere, non voglio essere né usato né spremuto, voglio essere solo lo strumento di Dio. Faccio i miei esperimenti di nascosto e le mie scoperte le rivelo a pochi, solo a chi ritengo fidato, maturo, capace e responsabile. Voglio solo  poter lavorare al servizio degli altri e del mio Dio misericordioso, materno e salvifico e non di quel dio guerrafondaio che sta sulla bocca di tutti.

Gli anni passano e io divento ancora più vecchio, ma ancora sono stimato e onorato. Sono circondato dai miei figli e dai miei nipoti, sono un uomo amato. Adesso anche mio figlio è diventato un rabbino come me, e ha 9 figli e tutti studiano. Nella nostra famiglia la cultura è al primo posto. La cultura la puoi vendere ma la conoscenza ti può salvare, e questo vale sia per le femmine che per i maschi. Per questo ho dato loro la conoscenza senza distinzione di sesso, specialmente alle femmine che sono più deboli e più esposte in quest’epoca fatta di violenza, crudeltà e miseria. Loro la coltivano in segreto, e questo le rende ancora più grandi e io ne sono orgoglioso. Le mie figlie, le mie nipoti! In loro è racchiusa la conoscenza e la grandezza di Dio, la scienza divina che le mette in salvo. In loro è racchiuso il segreto della vita. Un segreto così sacro rispetto al quale nemmeno io mi ritengo all’altezza e che certe volte mi sembra di profanare.

C’è un clima di violenze, esecuzioni e roghi; i crociati che vengono arrestati dal re di Francia, vengono trucidati. Vedo gli aguzzini con la bava alla bocca, avidi come segugi pronti a violentare e uccidere e nessuno ci può fare niente. E’ un’epoca di orrore e terrore, chi può si salva, chi non ci riesce muore. Siamo tutti nelle mani di Dio. In questo orrore mi ritiro, inerme e frustrato. Nessuno può sentire perché sono sordi e ciechi. La loro fame è più forte del loro spirito. Fame di soldi e di potere. Non ho più nessuna cura per loro, nessuna preghiera da far loro indossare. E così mi ritiro nell’ombra aspettando che questo delirio passi, per riprendere il mio lavoro e consolare i miserabili. Aspetto il mio momento sapendo che ci sarà tanto da fare.  Per ora non c’è altro da fare che attendere e pregare.

L’ultimo giorno della mia vita sono nel mio letto circondato dai miei figli, dal loro amore. So che devo morire. Per l’occasione indosso una preghiera. Una preghiera scritta da me che mi aprirà il passaggio nel regno dei cieli.

Muoio in pace. Nessuno piange, sono tutti preparati, e questo mi aiuta ad andarmene beatamente e serenamente.

P.s. : il risveglio della gente è importante. Solo il risveglio delle coscienze ci può salvare dalla schiavitù e dalla miseria che fa di noi donne e uomini cattivi ma anche miserabili di spirito non solo di denaro. L’avidità è una schiavitù che ti fa sentire povero. L’avidità di cibo e di denaro e soprattutto d’amore. Accaparri e possiedi tutto, ma alla fine muori povero, anche se porti un nome potentissimo e altisonante.

Regressione di Manuela Mariani
Eseguita da Dr.Kateřina Krátká

Le scarpe nei sogni

Nei tempi antichi la scarpa era spesso merce di acquisto  o di scambio, aveva il valore simbolico dell’”affare fatto o del contratto concluso” e del possesso di un bene.
Gettare o battere una scarpa in un campo significava ribadire il diritto di possesso dello stesso; cedere una scarpa ad un acquirente voleva intendere la rinuncia dei diritti su quel determinato bene; togliersi le scarpe entrando in casa altrui, simboleggiava rinunciare ad ogni rivendicazione o potere su quello spazio e sugli oggetti in esso contenuti; dare in garanzia le proprie scarpe significava assumersi l’impegno a pagare il debito contratto e, considerato che la loro fabbricazione era molto macchinosa, le scarpe erano considerate oggetti di grande lusso.
Presso alcune tribù ebree, il padre trasmetteva la sua autorità sulla figlia al futuro genero semplicemente lasciandogli in pegno la scarpa di lei. Questo rito valeva come un contratto preliminare di matrimonio.
Nell’antica Roma chi indossava i calzari era considerato una persona benestante, mentre al contrario chi non li indossava era considerato un servo. Le scarpe più diffuse tra gli antichi romani erano i sandali.
Si racconta che Caio Cesare Germanico (nipote dell’imperatore Tiberio e suo successore), fin da piccolo accompagnava i genitori nelle spedizioni militari in Germania indossando le calighe, le calzature tipiche dei legionari o sandali con i “lacci” (simbolo di conquista). Per questo i soldati lo soprannominarono affettuosamente Caligola. Gli antichi romani oltre alle calighe, erano soliti indossare tanti altri tipi di scarpe, secondo il lavoro che svolgevano o gli incarichi che avevano, tra i numerosi termini latini utilizzati per indicare le scarpe troviamo: boza, cothurnus, calceus, crepita, pero, sandalium, soccus, solea. Per esempio nelle “Filippiche”, Cicerone per comunicare che Asinio era stato nominato senatore, scrive semplicemente che cambiò tipo di scarpe (mutavit càlecos).
La scarpa è legata allo spostamento e in chiave simbolica possiede alcune proprietà magiche che permettono, a chi le possiede, di liberarsi dalle leggi fisiche (come fece il Gatto con gli stivali nella famosa favola); rappresenta il superamento dei limiti, il trascendimento della materia e la vittoria dello spirito sul corpo (i sandali alati del dio Ermes, Mercurio per i latini, sono rimasti vivi nel mito).
Nella mitologia Ermes, detto anche il messaggero degli dei, era l’unico dio in grado di entrare nell’Ade ed uscirne vivo per portare i messaggi che Plutone (Ade per i Greci), dall’oltretomba mandava su nell’Olimpo a suo fratello Zeus.
I modelli e i colori delle scarpe denotano particolari che incuriosiscono e intrigano. Ne possiamo trovare di tutti i tipi: scarpe trasgressive, sportive, con tacco altro, con tacco basso, da ginnastica, sandali, infradito e tanti altri.
Se le scarpe sono nere e con tacco a spillo, sinonimo di eleganza e di raffinatezza, simboleggiano la seduzione e la trasgressione; le scarpe bianche, sinonimo di purezza, simboleggiano il rifiuto di tutto ciò che è oscuro e incomprensibile; le scarpe con lucchetti, fibbie, borchie, anelli e lacci che avvolgono la caviglia a la risaltano, richiamano alle perversioni e sono simbolo di sottomissione all’amante, dominio della donna oggetto di amore, di conquista e di attenzione; quelle con fiocchi indicano l’attenzione e la curiosità che la donna vuol proporre all’osservatore, un pizzico di frivolezza, di volubilità e di leggerezza; le scarpe scamosciate, multiuso, più resistenti e pratiche sono riconducibili a persone pronte “ad affrontare tutte le situazioni”.
Quando le scarpe che calziamo sono troppo strette, l’analisi dovrà basarsi su alcuni aspetti nella relazione di coppia, su situazioni soffocanti che si è costretti a sopportare.
L’espressione “fare le scarpe a qualcuno” vuol dire “prevalere su qualcuno, essergli superiore”. Equivale ad avere il controllo sul piede quindi sul suo potere. Fargli le scarpe perciò significa evirarlo, renderlo impotente. Per Freud il piede equivale al pene e la scarpa simboleggia la femminilità. Secondo James G. Frazer, alcuni popoli primitivi associavano inconsciamente il piede-pene con l’anima, la concepivano nelle scarpe, la scarpa diventa la sede dell’anima. Nel suo libro Il ramo d’oro, racconta che alcune tribù d’America quando si pensava che un uomo avesse perso la propria anima, gliela restituivano facendogli calzare un paio di scarpe “….certi indiani riprendono l’anima smarrita di un uomo per mezzo delle scarpe e gliela restituiscono facendogliele calzare”.
Sembra, che anche i primitivi americani associassero il piede al pene come all’anima. Infatti un loro antico detto era: “stare nei mocassini degli altri per tre lune” (mettersi nei panni degli altri per comprendere il bisogno dell’anima di chi si ha di fronte). Anche gli anglosassoni usano dire “se fossi nelle tue scarpe” che sta per: “se fossi al posto tuo!”.

Testo tratto del libro “Dalle Radici al Cielo” di Manuela Mariani

Ed. Argo Editore – Roma 2009

Sognare di perdere una scarpa

Lucia scrive:

Alcuni mesi fa, sono stata convocata dal mio capo per avere un riconoscimento economico dovuto ad un incarico assegnatomi e svolto con soddisfazione da parte di tutti. Sembra incredibile ma la notte stessa ho sognato di perdere una scarpa. Dopo una settimana infatti, ho ricevuto la brutta notizia che dalla sede centrale non mi era stato convenuto questo riconoscimento per mancanza di fondi. Ci sono rimasta molto male! Leggendo il suo articolo mi ci sono identificata. È possibile che sia attinente?

Risposta:

Purtroppo perdere le scarpe non è di buon auspicio. Significa perdere le opportunità, soldi e quanto altro. Devo purtroppo dirti cara Lucia, che il tuo intuito non si è sbagliato.

Sognare di provare tante paia di scarpe in un negozio senza trovare quelle adatte

Massimiliano scrive:

Sono un single, sto cercando l’anima gemella ma non si vede nulla all’orizzonte. Tempo fa ho sognato di essere in un negozio e provavo tante scarpe senza però trovare quelle giuste. Potresti dirmi qualcosa in merito?

Risposta:

Certo, mi sembra di capire che sei un tipo piuttosto difficile a trovare “la scarpa adatta per il tuo piede”. Comunque coraggio! Chi cerca trova.

Sognare di calzare scarpe troppo grandi

Mariella scrive:

Ho sognato di calzare scarpe troppo grandi per i miei piedi e quando camminavo avevo paura di perderle. Cosa significa?

Risposta:

Devi avere più fiducia in te stessa. Qualsiasi cosa tu stia intraprendendo devi alzare l’indice di autostima altrimenti perdi delle opportunità per paure che non riesci a superare.

La Cabala associa il numero 88 alle scarpe.

Autrice: Manuela Mariani