Un’antica favola persiana racconta l’origine della pianta della lavanda: il re di Persia, per ragioni esclusivamente politiche e dinastiche, aveva promesso in sposa a un potente sultano la sua bellissima figlia. Il re, per completare la sua istruzione, in attesa del matrimonio, aveva affidato sua figlia, la principessa, ad un giovane e dottissimo tutore dagli occhi azzurri per impartirle lezioni di botanica e astrologia, due fondamentali pilastri dell’educazione di quel tempo.
Ben presto gli splendidi occhi azzurri dell’insegnante catturarono il cuore della principessa e i due giovani si innamorarono perdutamente.
Purtroppo però era un amore destinato dalla ragion di Stato all’infelicità. Ma Aura-Mazda, dio della Luce, ne ebbe compassione e una notte, mentre si avvolgevano in un abbraccio, li assurse fra le sue stelle in cielo. Al loro posto, rimase una piantina di lavanda, leggiadra e profumata come la principessa e dai fiori cerulei come gli occhi dell’istitutore.
Gli antichi Romani usavano mettere i fiori di lavanda nei bagni pubblici e termali (il nome lavanda probabilmente deriva dal latino “lavare”), con lo scopo di profumare l’ambiente e disinfettarlo grazie alle proprietà antisettiche della pianta. Gli antichi Greci invece, la prescrivevano come terapia per problemi di gola, stitichezza e di respirazione. In Egitto si usava come componente di un unguento che si scioglieva lentamente con il calore del corpo e lo profumava. Allo stesso modo era mischiata nell’olio delle lucerne per profumare i luoghi di culto.
La lavanda, detta anche spighetta di San Giovanni, era dedicata nella mitologia greca, a Ecate, dea lunare alquanto misteriosa, protettrice delle maghe e degli indovini. Nella notte del solstizio estivo, le streghe che praticavano magia bianca, offrivano un mazzetto di fiori di lavanda come buon auspicio, i superstiziosi invece, mettevano le spighette sulle soglie delle porte e delle finestre per allontare le fattucchiere con cattive intenzioni.
Tra le numerose credenze e leggende legate alla lavanda, una delle più antiche è legata alla dea Venere e ai riti magici dell’amore. Si credeva, infatti, che il suo profumo attirasse gli uomini e quindi potesse essere perfetta per gli incantesimi d’amore garantendo, oltre all’amore, anche felicità, protezione, purificazione e gioia. Da queste credenze nacque la tradizione popolare di assicurare felicità e prosperità alla futura sposa, mettendo delle spighe di lavanda all’interno del suo corredo.
La spiga della lavanda, infatti, è considerata un amuleto contro le disgrazie e anche, un talismano della fecondità. Altro significato, totalmente opposto ma molto diffuso e accreditato, è quella di come la lavanda fosse usata in antichità contro i morsi di serpente. Era, dunque, considerata un antidoto ai veleni di serpenti tanto che, una credenza antica sosteneva che i serpenti facessero i loro nidi proprio all’interno dei cespugli di lavanda.
Nell’aromaterapia l’olio essenziale di lavanda è considerato uno degli oli più versatili per il suo effetto sedativo e calmante; è ottimo per combattere lo stress, l’insonnia, la tachicardia, l’ipertensione. Solleva lo spirito, tonifica il sistema nervoso e attenua i conflitti emozionali, eccellente per la meditazione e per il riequilibrio dei Chakra aiutandoli a mantenere lo stato di energia dei centri superiori ed inferiori in sintonia tra loro.
Le qualità antisettiche e antinfiammatorie del fiore della Lavanda sono molteplici tanto che nel Medioevo veniva sparsa sul pavimento delle case per difendersi dalle malattie infettive, soprattutto dalla peste. Oggi la lavanda è considerata un’importantissima pianta officinale, utilizzata per la produzione di profumi ma anche utilissima per l’aromaterapia ed altri usi officinali, grazie alla sua ricchezza di sostanze aromatiche ed essenziali.
Secondo Suor Ildegarda la lavanda è ottima anche per la cura del fegato. In genere un fegato malato si fa notare attraverso un dolore sordo al fianco destro, sotto le costole. Per una diagnosi comunque, è meglio rivolgersi a un medico ma, per combattere il dolore in sé, Ildegarda ci offre il vino alla lavanda: “Chi fa bollire la lavanda nel vino o, se non ha vino, in acqua e miele e lo beve tiepido, diminuisce il dolore nel fegato e nei polmoni e l’umidità nel petto, e questo gli procura conoscenze pure ed un chiaro intelletto“.[i]
Ecco la ricetta:
Lavanda spiga – 20 gr.
vino – 1000 ml.
Cuocere per 5 o 10 minuti nel vino la lavanda, fresca o essiccata.
Filtrare e imbottigliare in recipienti sterilizzati.
Bere 2 o 3 volte al giorno un bicchierino da liquore di questo vino intiepidito.
Autrice: Manuela Mariani
[i] Le cure miracolose di Suor Ildegarda – Ed. Piemme – Casalemonferrato 1995